Letta invoca chiarezza in Parlamento. Brunetta: saremo responsabili. Non passa la manovrina sull’Iva

27 Set 2013 21:30 - di Redazione

Terminato l’incontro più importante della giornata, quello con il capo dello Stato Giorgio Napolitano, il premier Enrico Letta ribadisce quanto aveva detto ai leader della maggioranza incontrati prima di salire al Colle: dopo le annunciate dimissioni dei parlamentari del Pdl serve un immediato chiarimento che dovrà avvenire in Parlamento e dovrà essere senza se e senza ma perché il logoramento del governo non può andare avanti. Un percorso che ha il pieno appoggio di Napolitano. Letta ha intenzione di presentarsi quanto prima in Parlamento, forse già lunedì o martedì. Un passaggio che sarà contrassegnato quasi certamente da un voto di fiducia anche se, da parte del Pdl, si fa già sapere che il governo non potrà tenere fuori da eventuali dichiarazioni programmatiche il nodo della giustizia.

Berlusconi ha seguito le fasi convulse della giornata da Palazzo Grazioli, dove aveva riunito i big del partito. Dopo un colloquio con Angelino Alfano l’ex premier ha lasciato via del Plebiscito per fare ritorno a Milano. I ministri del Pd si sono invece riuniti con Dario Franceschini, che in mattinata aveva commentato con durezza la scelta del Pdl: “È il momento della chiarezza, non c’è più tempo per ipocrisie e furbizie: abbiamo visto parole e gesti che stanno facendo un danno enorme al Paese”.

 

La prima verifica che Enrico Letta ha dovuto affrontare è stata quella con i ministri del Pdl durante la riunione del consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. Sul tavolo una “manovrina” per scongiurare l’aumento dell’Iva di un punto dal primo ottobre. Era previsto un rinvio a gennaio  dell’incremento Iva con contestuale aumento di due centesimi delle accise sui carburanti. Le coperture per il mancato aumento dell’Iva sarebbero dovute arrivare dall’aumento degli acconti dell’Ires e dell’Irap per il solo 2013 dal 101 al 103%. Ma il clima teso nella maggioranza ha fatto sì che il consiglio dei ministri si chiudesse con una fumata nera: da parte dei ministri del Pdl è stato negato il via libera al decreto. Tutto rinviato, dunque, a dopo il chiarimento davanti alle Camere invocato dal premier Letta. Ma la rottura ancora non c’è: Angelino Alfano esplicita la linea del Pdl, spiegando che il partito non intende farsi scaricare addosso la responsabilità di una crisi di governo.

Appelli per garantire la stabilità ed evitare scossoni al Paese sono giunti dalla Cei e dalle imprese: la crisi sarebbe un danno per l’Italia, hanno affermato in una nota congiunta le associazioni Abi, Ania, Confindustria, Rete Imprese Italia e Alleanza Cooperative. Il Fondo Monetario ha sottolineato che uno choc per l’economia italiana (abbastanza automatico in caso di rottura totale del quadro politico) avrebbe ripercussioni drammatiche in tutto il mondo. Tutte mosse che Letta ha portato all’incasso per sostenere le ragioni della stabilità.

Il vero interrogativo è quale sia, a questo punto, la strategia del Cavaliere. I suoi fedelissimi fanno sapere che certo non vuole fare la fine di Bettino Craxi, che non accetterà un trattamento ignominioso. Possono esistere ancora margini, seppure esigui, di ripensamento? Le speranze sono al lumicino. Il capo del centrodestra si è spinto troppo avanti con le dimissioni firmate in anticipo da quasi tutti i suoi parlamentari (solo  tre si sono ritratti: Quagliariello, Giovanardi e Castiglione).  Renato Brunetta a fine giornata tira le somme: “Grande determinazione da parte di Forza Italia e da parte dei gruppi parlamentari di Camera e Senato nel difendere lo Stato di diritto, difendere il senatore Berlusconi dall’applicazione retroattiva di una legge, la legge Severino, ingiusta. Ma anche grande senso di responsabilità nel proseguire nell’azione di governo”. Quindi la fiducia a Letta arriverà anche dal Pdl? Su questo nessuno se la sente di sbilanciarsi. “Vedremo”, risponde Fabrizio Cicchitto, mentre Renato Schifani avverte: “Il Partito Democratico ha ancora alcuni giorni di tempo per evitare che il 4 ottobre si trasformi in una giornata di esecuzione politico-giudiziaria. Rispetti il sacrosanto principio della irretroattività della norma penale, anteponga il rispetto di questi valori agli interessi politici. Ecco, da ciò nasce la protesta dei nostri parlamentari”.

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