La strana coppia Renzi-Pisapia spiazza i dem. La guerra dei nervi esploderà all’assemblea nazionale

17 Set 2013 10:28 - di Romana Fabiani

Sarà anche un abbraccio sulle “cose concrete” quello suggellato tra Renzi e Pisapia a partire dal gemellaggio Firenze-Milano su moda, Expo 2015 e rapporti enti locali e governo, ma è difficile pensare che l’asse tra i due sindaci del centrosinistra si fermi alle delibere comunali a ridosso del congresso. Reduce dal bagno della festa del Pd fiorentina, Renzi continua l’operazione arruolamento e il lento logoramento di Letta per marcare la sua distanza dal governo e dalle intese con il Pdl. Il feeling con il sindaco di Milano preoccupa i piani alti del Nazareno mentre Renzi l’asfaltatore se la cava con un battuta: «Lavorare insieme a Giuliano? Se mi vuole come assessore…». In piena estate Pisapia, spiazzando anche i suoi, aveva aperto al collega di  Firenze annunciando il voto per Matteo,  «è l’unico candidato che può portare unità a sinistra allargando il consenso. E non è vero che è di destra». Sulla stampa si parlò di un possibile (anche se inverosimile) ticket tra i due sindaci diversissimi per storia personale, provenienza politica ed età, uniti però nella crociata all’establishment democratico. La svolta del rosso Giuliano all’epoca mandò in estasi i renziani doc e allarmato i colonnelli “dell’altro Pd”. Oggi il nuovo collocamento dell’inquilino di Palazzo Marino spariglia le correnti interne e obbliga Bersani, finora cauto, a uscire dal silenzio. Naufragato, come sembra, il piano b, quello di temporeggiare fino all’anno prossimo sperando di arrestare la marcia trionfale di Renzi, l’ex segretario deve tirare fuori gli artigli mentre D’Alema continua a lavorare per rafforzare Cuperlo, il competitor numero uno, allargando i consensi verso l’ala moderata “centrista” per evitare lo scontro tra ex Ds ed ex Dc. I bersaniani sono al lavoro perché – parola dell’ex segretario – non si crei una «ridotta post-comunista». Anche Letta, che a parole si dice disinteressato alla materia congressuale, è sempre più tentato dal sì a Cuperlo.

La guerra di nervi è destinata a esplodere venerdì prossimo quando all’Auditorium della Conciliazione si si aprirà l’assemblea nazionale che dovrà fissare la data delle primarie. L’intesa è lontanissimo, sul tappeto tutti i nodi principali restano irrisolti: regole, data, schema congressuale (prima quelli locali, dal basso,  come vorrebbe Epifani, o prima l’elezione del leader come vuole Renzi?) automatismo tra segretario e candidato premier. Stretto in un cul de sac, Epifani lavora all’accordo, ben sapendo che uscire con un voto spaccato sarebbe un suicidio politico: «Prenderò in mano la situazione, proverò a trovare un’intesa, riparlerò con Renzi». Difficile compito per l’ex numero uno della Cgil, che avrebbe dovuto “semplicemente” traghettare il partito del dopo-Bersani verso il rilancio.

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