Il Papa al centro Astalli per i rifugiati: “I conventi chiusi servano per l’accoglienza”

10 Set 2013 18:19 - di Redazione

Papa Francesco ha visitato il centro Astalli, la struttura romana dei gesuiti per l’accoglienza dei rifugiati, dove è stato accolto da cinquecento persone tra ospiti, operatori, volontari e amici. È arrivato senza scorta utilizzato la consueta “utilitaria” di colore blu che usa nei suoi spostamenti, a bordo della quale c’era come sua personale “scorta” il capo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Durante il suo discorso Bergoglio ha ipotizzato l’utilizzo dei conventi per l’accoglienza: “A cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo”. “I conventi vuoti – ha aggiunto – non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi”.

Agli operatori del centro Astalli, il Papa ha detto che bisogna “tenere sempre viva la speranza! Aiutare a recuperare la fiducia! Mostrare che con l’accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro, più che una finestra, una porta, e più si può avere ancora un futuro”. “Ed è bello – ha aggiunto Bergoglio – che a lavorare per i rifugiati, insieme con i Gesuiti, siano uomini e donne cristiani e anche non credenti o di altre religioni, uniti nel nome del bene comune, che per noi cristiani è espressione dell’amore del Padre in Cristo Gesù. Sant’Ignazio di Loyola volle che ci fosse uno spazio per accogliere i più poveri nei locali dove aveva la sua residenza a Roma, e il Padre Arrupe, nel 1981, fondò il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, e volle che la sede romana fosse in quei locali, nel cuore della città”. Durante il suo discorso ha parlato del concetto di solidarietà: “Parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. È quasi una parolaccia per loro”. Ma solidarietà, ha aggiunto, “è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione”.

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