I vip firmaioli si rifanno vivi. E vanno i soccorso di un Pd in crisi di nervi

25 Set 2013 20:45 - di Aldo Di Lello

I vip firmaioli della sinistra nostrana si rifanno vivi. Forse per vanità, forse per presunzione. Fatto sta che dobbiamo registrare l’ennesimo “proclama” di donne e uomini del mondo dello spettacolo e della cultura schierati a sinistra. Il Pd è come Beirut? I volti noti, i professoroni, gli intellettuali dei salotti che contano  sono convinti di riuscire a  riportare l’armonia dalla parti di largo del Nazareno. E si rivolgono al Pd per quello che chiamano  «l’ultimo appello».  «Non c’è più tempo da perdere», affermano con enfasi da melodramma. «Siamo elettori ed elettrici del Pd. Molti di noi, per decenni , hanno votato i partiti che ne sono all’origine. Dunque il Pd è anche nostro, non solo dell’apparato». Quando il gioco si fa impuro, i “puri” entrano in gioco. E ricordano ai rissosi dirigenti piddini che l’ora è grave: «In questo momento cruciale noi sentiamo il bisogno e l’urgenza di un partito capace di scegliere il leader che possa favorire quella vittoria netta e indiscutibile sempre mancata». Di qui la reprimenda rivolta  ai dirigenti pd travolti da un storica sfiga: «Assistiamo a  manovre confuse e irresponsabili». Questa l’implorazione finale: «Noi vi chiediamo, prima che il nostro amato Paese patisca danni irreparabili, di restituire all’Italia ora e subito un partito rinnovato e vincente».

Ma chi sono i sottoscrittori di tale, storico proclama, capace di cambiare i destini della Nazione? I nomi sono noti e meno noti, ma appartengono tutti al firmamento intellettuale che un tempo faceva “tendenza” e che oggi fa sempre meno audience. Da Isabella Bossi Fedrigotti a Liliana Cavani, da Cristina Comencini a Piera Degli Esposti, da  Chiara Gamberale ad Annamaria Guarneri, Toni Servillo, Carlo Verdone,  Luciano Virgilio e tanti altri dello star system progressista. Magari l’appello non inciderà di una virgola sul futuro della sinistra (e della politica italiana). Però, per un giorno, si possono rivivere i “bei tempi” dell’egemonia culturale della sinistra. E qualche candidatura al Parlamento ci può sempre scappare.

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