Fiat apre alla Fiom. Ma senza una legge sulla rappresentanza «niente più» investimenti in Italia

3 Set 2013 10:08 - di Romana Fabiani

Maurizio Landini canta vittoria, «torniamo in fabbrica dalla porta principale» dice il leader delle tute blu dopo la decisione del Lingotto di accettare la nomina di delegati Fiom finora esclusi in quanto non firmatari del contratto aziendale siglato a maggio e sottoscritto dalle altre sigle sindacali. Un passo necessario, quello del management torinese, dopo la recente sentenza della Consulta del 23 luglio che ha dichiarato illegittima quella parte dello Statuto dei lavoratori che riserva il diritto  a nominare rappresentanti solo ai sindacati firmatari di contratto. «Una notizia tardiva ma positiva» commenta Susanna Camusso dopo tre anni di braccio di ferro tra le tute blu e Lingotto.

Ma il verdetto della Corte costituzionale non risolve il nodo della rappresentanza sulla quale tanto la Fiat che la Fiom (che ha presentato in Parlamento una legge di iniziativa popolare rimasta nel cassetto) hanno da tempo sollecitato una legge “ah hoc” di cui finora non si hanno notizie. La decisione di ieri del Lingotto di riammettere al tavolo i delegati del maggiore sindacato italiana, però, è accompagnata da un ultimatum pesante, destinato a suscitare polemiche e preoccupazioni. Senza un intervento legislativo, giudicato «ineludibile», la Fiat non garantirà più gli investimenti in Italia. Insomma o si va avanti con il modello Pomigliano o si “espatria”. Il tutto sotto la mannaia della scadenza della cassa integrazione a fine mese per alcuni stabilimenti della Fiat, tra i quali Mirafiori.

A breve la Fiom nominerà i propri rappresentanti aggiuntivi a quelli già nominati dai sindacati firmatari del contratto chiedendo a gran voce la fine della discriminazioni e il coraggio di affrontare il vero nodo dopo anni di ping pong e tensioni. «Si faccia un incontro a settembre che affronti il futuro industriale e occupazionale della Fiat in italia». Si farà? Intanto il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, spinge per la concertazione a 360 gradi. «Sediamoci intorno a un tavolo e troviamo le condizioni perché la Fiat resti in Italia».

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