Delusione Mogol: da “Mare nero” all’inno “lumbard”. Lui si giustifica: non è per un partito. Ma a destra…

11 Set 2013 11:14 - di Antonella Ambrosioni

In un mondo che non che non ci vuole più, il mio canto libero sei tu… No. Eri tu. Che delusione apprendere che l’autore di questo canto libero tanto amato a destra sia ora legato a un immaginario tutto “nordista”, di parte, di partito. Mogol, alias Giulio Rapetti, è il paroliere dell’Inno ufficiale della Regione Lombardia, su richiesta di Maroni, che i maligni dicono non essere del tutto estraneo alla composizione della musica. Quasi a giustificarsi spiega al Corriere che il suo non è un atto politico. Per carità non datemi del leghista, «i miei amici si chiamano Gasparri, Maroni e D’Alema. Ma non vuol dire che ho votato per loro», spiega l’autore dei più indimenticabili tra testi di Lucio Battisti. Ma il voto è una cosa, la sensibilità e la storia dell’immaginario degli italiani – in particolare di chi ha il cuore che batte a destra-  sono ben altra sostanza. Le canzoni firmate dal grande Mogol rimangono la colonna sonora di una generazione che sentì molto vicino il mondo interiore e poetico trasmesso da canzoni “rivoluzionarie” in anni in cui andava di moda l’impegno. Ora tutti lo ammettono, ma brani come La canzone del sole, La collina dei ciliegi,  rappresentavano la trasgressione, l’alternativa alla cultura musicale prediletta dalla sinistra. Più di un critico progressista alzò il sopracciglio già dall’uscita dei primi brani. Negli anni ‘ 70, quelli del fervore politico, le canzoni d’amore e dei sentimenti puri e semplici furono bollate come qualunquiste, e quindi “di destra”. Indipendentemente dalle smentite di ogni tipo di appartenenza, nel nostro immaginario la scelta di campo estetica della musica di Mogol costituì il sottofondo musicale di tanti giovani che non si riconoscevano nel “sinistrume” che  snaturò lo spirito libertario espresso dalla maggior parte dei giovani in quegli anni. Ascoltare Battisti rappresentava, piaccia o no, un modo di essere controcorrente. Mogol, insomma è un nome che ci è caro. Fece parte, tra l’altro, della consulta di intellettuali voluta dall’allora ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, nel 2001, insieme a Giordano Bruno Guerri e Marcello Veneziani, tra gli altri. Non sostituì l’inno di Alleanza nazionale, ma poco ci mancò: La canzone del sole fece infatti da colonna sonora di alcune conferenze programmatiche del partito. Si capirà che resta l’amaro in bocca a sentire ora il nome di Mogol legato, con tutto il rispetto, alla Lombardia, e alla Lega. Le “giustificazioni” non ci toccano più di tanto. Lombardia, Lombardia/ grande terra mia. Terra piana la padana. Gente forte che è/generosa operosa e stringe tutti a sé/senza una bugia. È questo il ritornello dell’inno “lumbard”. Scusate, ma noi preferiamo il Mogol legato ad altri ritornelli, come Planando sopra boschi di braccia tese. Chiamatele, se volete, Emozioni.

 

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *