Dall’apertura a gay e divorziati alla passione per i film di Fellini. L’intervista integrale a Papa Francesco

20 Set 2013 9:28 - di Redazione

È passata soltanto una settimana dalla lettera inviata a Eugenio Scalfari e pubblicata in prima pagina da Repubblica dedicata al rapporto tra credenti e non credenti. Papa Francesco ha fatto un altro “strappo” alla consueta comunicazione dei pontefici: ha rilasciato una lunga intervista, 29 pagine, a Civiltà Cattolica, una delle riviste più prestigiose di tutta la cattolicità, da sempre pubblicata dai quei gesuiti da cui proviene proprio Bergoglio. Curata dal direttore padre Antonio Spadaro SJ, l’intervista, che esce contemporaneamente su altre 16 testate della Compagnia di Gesù in tutto il mondo in tante lingue diverse, è stata rilasciata dal Papa, nel suo studio privato a Santa Marta, nel corso di tre appuntamenti il 19, il 23 e il 29 agosto. Un modo di comunicare diretto, con aspetti strettamente personali (come la passione per I Promessi Sposi e La Strada di Federico Fellini) affiancati da indicazioni decisamente importanti sul ruolo della Chiesa oggi e sulle priorità dell’azione pastorale.

In particolare sulla chiesa, campeggiano sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo le dichiarazioni sulla Chiesa di Francesco, quella del buon Samaritano, capace di «chinarsi sulle ferite». Più «ospedale da campo»  che «laboratorio». Sempre in frontiera, fatta di pastori e non di «chierici di Stato», pronta ad ascoltare i «dubbi» dei veri profeti. E a guidarla un papa che dai suoi errori ha imparato a non essere «autoritario», che mette il «Vangelo puro» prima delle riforme, che non giudica i gay, e per loro predica misericordia, come anche per i divorziati risposati e le donne che hanno abortito. E che intende il dialogo ecumenico anche come possibilità di imparare dagli altri cristiani, che pensa a cambiare il metodo di lavoro del sinodo e vuole che i dicasteri romani siano «al servizio del Papa e dei vescovi». L’intervista è davvero a tutto campo, e fornisce un quadro prezioso delle idee e della storia del Pontefice, dei suoi rapporti con la spiritualità gesuita, spiega molto di ciò che è stato Bergoglio e di ciò che potrebbe essere la sua riforma della Chiesa. «Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni – racconta – mi ha portato ad avere seri problemi e a essere accusato di essere ultraconservatore». Un’esperienza difficile che oggi mette a frutto: ha capito quanto sia importante «la consultazione»: «I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali». Quanto ai dicasteri romani, «sono mediatori, non gestori».

Molto ampia la parte dell’intervista dedicata alla Chiesa, che non è  «una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre – afferma con forza papa Bergoglio – il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità». E qui la richiesta della Chiesa del Samaritano, che si chini sulle ferite, di pastori misericordiosi. «Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo. La prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento. I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi. Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato». Papa Francesco spiega anche perché non insiste sui temi morali, come invece gli è stato rimproverato: una pastorale missionaria, «non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza». E ripropone una serie di considerazioni sulla Chiesa misericordiosa, feconda e madre, con espressioni efficaci e felici, quale «il confessionale non è un luogo di tortura». Molto spiega del papa latinoamericano il suo ”gesuita preferito”, quel Pietro Favre compagno di stanza di Ignazio negli anni di studio alla Sorbona. Il gesuita oggi vestito di bianco ne descrive così i tratti più impressivi: «Il dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; la pietà semplice, una certa ingenuità forse, la disponibilità immediata, il suo attento discernimento interiore, il fatto di essere un uomo di grandi e forti decisioni e insieme capace di essere così dolce».

L’intervista completa a Papa Francesco

http://www.laciviltacattolica.it/articoli_download/3216.pdf

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