«Sono palestre d’amore»: dal cardinale Bagnasco un incitamento alle famiglie (quelle vere)

29 Ago 2013 18:03 - di Mariano Folgori

In tempi di confusione morale e di attacco continuo e quotidiano al concetto di famiglia, sono davvero sagge e opportune le parole pronunciate a Genova dal cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Cei, durante l’omelia tenuta in occasione della festa della Madonna della Guardia. «Vogliamo dire alle famiglie che la Chiesa è vicina a ciascuna di loro, dire la nostra immensa stima, l’ammirazione per l’incomparabile dono che sono per l’umanità, e per il grandioso compito di mettere al mondo i figli e di educarli». La Chiesa – ha detto il porporato – sa che «per generare una vita c’è un tempo, ma per educare una persona ci vuole tutta la vita» e  «con discrezione offre il suo sostegno di Madre, perché l’amore della coppia sia custodito e sostenuto, perché la difficile responsabilità educativa sia accompagnata dalla sua secolare esperienza».

Il cardinale ha aggiunto che «vedere papà e mamma con i loro figli commuove e apre al sorriso» perché la famiglia è «palestra quotidiana dell’amore».  «La famiglia  è la comunità originaria, il luogo dove impariamo ad avere fiducia in noi stessi perché sentiamo che qualcuno conta su di noi. Dove scopriamo che cosa vuol dire amare perché ci sentiamo amati; che cosa sono i rapporti perché si vive gli uni accanto agli altri, ma soprattutto uniti in una comunità di vita e di destino».

«L’amore – osserva ancora  il porporato– non è solo sentimento e vibrazione; è anche volontà, è volere il bene vero delle persone amate anche con il proprio sacrificio» . Il sacrificio   «è uscire da se stessi, è rinunciare a qualcosa di sé, dei propri gusti e umori, per andare incontro all’altro ogni giorno, anche quando la sensibilità ci tirerebbe indietro». Per questo ha esortato a «tornare alla scuola affascinante e dura dell’amore se vogliamo parlare di famiglia e fare famiglia, se vogliamo educare le giovani generazioni», perché altrimenti, «aremo degli adulti immaturi e, col passare degli anni, infantili; rifiuteremo in ogni modo la nostra età e susciteremo tenerezza o forse pena»,

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