Oltre Berlusconi per difendere la storia del suo ventennio

5 Ago 2013 14:36 - di Mario Landolfi

E adesso? Che cosa succederà adesso che la mobilitazione agostana è riuscita, che il popolo forzista ha sfidato vittoriosamente il solleone, che Berlusconi ha assicurato di restare in campo e che ha messo il governo al riparo da strappi? L’interrogativo è banale solo in apparenza. In realtà, è addirittura cruciale e c’è da scommettere che da ieri sera sta scavando la testa del Cavaliere. Insomma, qual è la linea si sarebbe detto un tempo? Semplicemente, non c’è. Falchi e colombe sono sempre lì, gli uni contro gli altri armati dei rispettivi carichi di recriminazioni, risentimenti e rancori. Prova ne siano l’assenza dei ministri alla manifestazione ed il malcelato fastidio con cui Daniela Santanché, ormai vera interprete dei più riposti pensieri di Palazzo Grazioli, ha accolto la cauta dichiarazione del premier Letta. Non è un mistero che se fosse per lei il governo sarebbe già a casa da un pezzo, ma è la prima a sapere che non si può. Tuttavia, poiché nel Pdl-Forza Italia non esiste un luogo della discussione dove formare una maggioranza ed una minoranza a sostegno di una linea precisa, la Santanché continuerà a sostenere la sua tesi in compagnia di alcuni ed in dissenso da altri. Nessuna meraviglia, quindi, se poi nel partito esistono più posizioni che nel Kamasutra, quando invece la delicatezza della situazione imporrebbe chiarezza di idee e di obiettivi.

In mattinata i capigruppo Schifani e Brunetta sono saliti al Colle per rappresentare a Napolitano le conseguenze politiche seguite alla condanna inflitta a Berlusconi. Una trasferta che si è rivelata priva di vero significato politico. Non hanno potuto accennare alla grazia presidenziale che, ove mai proposta, sarebbe stata giudicata irricevibile e in più hanno dovuto ribadire fedeltà al governo. La sollecitazione al capo dello Stato a rendere possibile l’approvazione della riforma della giustizia lascia il tempo che trova dal momento che in proposito il Quirinale non può spingersi oltre l’esercizio di una moral suasion sul Parlamento. Insomma, lo spazio in cui si muove il Pdl somiglia molto ad un vicolo cieco.

Eppure, Berlusconi ha tuttora dalla sua un largo seguito elettorale che qualcuno ha provato a stimare in una percentuale oscillante tra il 15 ed il 20 per cento. È questo il vero esercito di Silvio, cui però ora il leader è tenuto ad offrire una prospettiva politica se non vuole vederlo assottigliarsi manifestazione dopo manifestazione fino a dissolversi. E la prospettiva non può consistere nella designazione monarchica della primogenita Marina perché sarebbe il segnale che il bunker lo si vuole arredare piuttosto che uscirvi. No, il passaggio di consegne tra padre e figlia finirebbe per zavorrare ancora il centrodestra del mai risolto conflitto d’interessi, senza trascurare che a differenza delle aziende e del cognome, il carisma ed il senso della leadership non si trasmettono in  via ereditaria.

Ben altro occorre per riprendere in mano il pallino dell’iniziativa politica. A cominciare dal partito, strumento al quale il Cavaliere è alquanto allergico ma che invece potrebbe diventare decisivo all’interno di un’ordinata e condivisa strategia successoria. In tal senso, il ritorno a Forza Italia riuscirebbe persino a risultare utile a patto però che non rinculi in un ruolo pretoriano a guardia dell’imperatore ma riacquistando quello legionario a servizio dell’impero.

In poche parole, occorre una rifondazione in grado di aggiornare leadership, messaggio, alleanze ed obiettivi con la consapevolezza che c’è una storia da difendere, ma anche errori da riconoscere e limiti da superare. Qualcuno diceva che in fondo noi meritiamo quello che ci accade. Ed è vero. Scaricare sempre su altri la responsabilità di scelte sbagliate o di non scelte può andar bene per la propaganda di una campagna elettorale, ma non è roccia su cui poter costruire politica. E se oggi il centrodestra rischia di essere inghiottito in un vicolo cieco è anche perché nelle vicende interne il “servo encomio” ha quasi sempre scacciato il parlar franco. I risultati si vedono. Ora è tempo di cambiare. Con Berlusconi, ma per andare oltre Berlusconi. È un passaggio a dir poco ardito perché non é facile imbottire di politica, di organizzazione, di classe dirigente, un’entità il cui leader e la cui base, da vent’anni, si nutrono esclusivamente l’uno del corpo dell’altro. Ma non esistono alternative per offrire futuro politico alla maggioranza degli italiani. Tutto il resto è bunker, ridotta di fedelissimi, revanchismo velleitario ed autoassolutorio.

Ps: se Gianfranco Fini non avesse sciaguratamente divorziato dai propri elettori, oggi il centrodestra italiano avrebbe solo il problema di scegliere la corsia autostradale su cui continuare il proprio percorso. Altro che vicolo cieco!

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