Nell’aula del tribunale le lacrime di Pistorius: ora l’accusa è di omicidio premeditato

19 Ago 2013 19:46 - di Redazione

Testa china, occhi spesso chiusi e lacrime che a tratti scendono lungo le guance. È apparso così in tribunale a Pretoria l’olimpionico e campione paratleta sudafricano Oscar Pistorius, accusato dell’omicidio della sua fidanzata, la modella Reeva Steenkamp, avvenuto il 14 febbraio scorso. Durante l’udienza preliminare gli è stata notificata formalmente l’accusa di aver assassinato con premeditazione la ragazza, che proprio il 19 agosto avrebbe compiuto trent’anni. Accusa che lo espone ora al rischio dell’ergastolo. L’omicidio, avvenuto nella sua villa la notte di San Valentino di quest’anno, Pistorius non l’ha mai negato. Fin dall’inizio ha ammesso di aver sparato, ma per un terribile errore: in preda al panico, per legittima difesa, credendo che dietro alla porta del bagno, che fu trapassata da quattro colpi di pistola, ci fosse un ladro introdottosi di soppiatto in piena notte in casa, e non la ragazza, che pure fino a quel momento aveva dormito con lui. Il processo inizierà il 3 marzo del 2014. Il giudice monocratico dovrà basare il suo verdetto su un’imputazione tenuta insieme da una fragile intelaiatura di indizi forensi (esami balistici, autopsia, traiettoria dei colpi), di ricostruzione di telefonate e di incerte testimonianze indirette dei vicini. Alcuni dei quali affermano di aver udito la coppia litigare fino a tarda notte e di aver percepito un urlo di donna, seguito da qualche istante di silenzio e poi dai colpi. La ricostruzione dell’accusa, che punta a dimostrare la volontà di Pistorius di uccidere la fidanzata dopo un duro litigio, si basa su una semplice, elementare sequenza logica: «La vittima si era chiusa nel gabinetto adiacente alla camera da letto. L’imputato si è armato di una pistola da 9 millimetri e ha sparato quattro colpi attraverso la porta chiusa». «È una cosa che lui ha pianificato», si legge in un passo dell’accusa e lo dimostrerebbe il fatto che «se io prendo un’arma, vado fino al bagno e faccio fuoco» è di per sé un atto premeditato, «che si tratti di un ladro o di Reeva Steenkamp». Pistorius, battezzato dalla stampa “Blade Runner” ai tempi dei suoi trionfi sportivi per le protesi in carbonio che sostituiscono le gambe amputate nell’infanzia, afferma di essersi mosso fino al bagno, preda della paura, sui moncherini, mentre l’accusa, sulla base dei riscontri probatori, sostiene che i colpi provenissero dall’alto in basso, segno che le protesi se le era messe a riprova del presunto sangue freddo in cui si sarebbe consumato il delitto. Ora tutto è rimandato al processo di marzo, che si preannuncia un evento mediatico clamoroso, che smuoverà forti emozioni personali e collettive e allo stesso tempo ospiterà una passarella “glamour” di ben cento testimoni delle due parti: semplici amici e vicini, ma anche sportivi, modelle, star dello spettacolo.

 

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