La Kyenge scopre che esiste l’immigrazione clandestina. Meglio tardi che mai

21 Ago 2013 18:13 - di Giorgia Castelli

Cecile Kyenge scopre l’immigrazione clandestina. Confusa e senza strategie precise il ministro dell’Integrazione è travolta dagli eventi e salta da una proposta all’altra. Prima chiede la modifica della legge Bossi-Fini, ma poi di fronte agli sbarchi innumerevoli e alle proteste fa un passo indietro e sollecita l’intervento dell’Europa. Meglio tardi che mai. «La condizione dei centri di accoglienza è un problema anche europeo. L’Europa non può lasciare sola l’Italia», ha detto il ministro prima di lasciare il Cara di Isola Capo Rizzuto dove ha visitato la struttura che ospita i migranti. « Le soluzioni – ha aggiunto con un pizzico di demagogia – vanno cercate insieme. Sono per la mediazione, l’incontro ed il dialogo, mai per lo scontro e la violenza». Ma le sue posizioni contraddittorie provocano polemiche nel centrodestra. Ironico il presidente del Veneto, Luca Zaia: «Benvenuta fra noi. Si è finalmente accorta che l’immigrazione clandestina, che sta scaricando ogni giorno centinaia di disperati e nuovi schiavi sulle coste italiane, è un problema di tutta l’Europa. Meglio tardi che mai». Dal canto suo Fabrizio Cicchitto avverte: «Guai agli eccessi di semplicismo, di ideologismo e alle fughe in avanti specie se tutto ciò si esercita su un tema cosi delicato qual è quello dell’immigrazione. Il ministro Kyenge non può dire: “La Terra è di tutti” quasi che purtroppo o fortunatamente non esistano gli Stati, le cittadinanze, le nazionalità, le economie». Per il parlamentare del Pdl «la cosa più autolesionista che possiamo fare in un momento in cui molti Paesi del Mediterraneo sono in una situazione di emergenza è da un lato proclamare di volere smantellare la Bossi-Fini e dall’altro lato invocare un appoggio dell’Europa tutt’altro che certo anzi del tutto problematico. Già oggi l’Italia è nell’occhio ciclone e mandare messaggi sbagliati, al di là della stessa persistenza o modifica della legge Bossi-Fini, rischierebbe di farci diventare ancora di più il ventre molle dell’Europa».

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