Era già tutto previsto: Berlusconi condannato. Ma…

1 Ago 2013 20:58 - di Gloria Sabatini

Il dado è tratto, dopo una giornata al cardiopalma e i riflettori di mezzo mondo puntati sul “Palazzaccio”. Sono le 19,50 quando la Corte di Cassazione (dopo un’interminabile camera di consiglio riunita per sette ore) pronuncia la sentenza sul processo Mediaset, che vede tra gli imputati Silvio Berlusconi. Un verdetto annunciato. La Suprema Corte conferma sentenza dell’8 maggio scorso: condanna a quattro anni di reclusione (di cui tre indultati e uno da scontare ai domiciliari o nei servizi sociali) ma annullamento dell’interdizione dai pubblici uffici. La palla passa alla Corte di Appello di Milano per la ridefinizione. Il nuovo processo d’appello di svolgerà in autunno, davanti a una sezione diversa da quella che si espressa sul merito del processo. Sulla decisione si potrà ricorrere in Cassazione: Berlusconi potrebbe restare senatore ancora per diversi mesi. La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici potrebbe ridursi fino a un anno, spiega l’avvocato Filippo Dinacci che difende l’ex premier in altri procedimenti.

Pochi secondi dopo la sentenza la condanna dell’ex premier è la breaking news di tutti i media mondiali: dalla Bbc a Skynews, ai francesi Le Monde e Le Figaro, la notizia apre i siti dei maggiori quotidiani e tv internazionali. Decine di deputati di tutti i gruppi parlamentari hanno assistito in assoluto silenzio alla lettura del verdetto dalle televisioni nel corridoio dedicato ai fumatori vicino all’Aula di Montecitorio. Alla parola “annulla” un boato di esultanza si è levato dal gruppetto di sostenitori del Cavaliere che hanno appreso in diretta la sentenza e dietro le transenne di piazza del Gesù  gridando “Silvio-Silvio”. Un collegio di magistrati di lungo corso, tutti nati in Campania e Puglia, e un sostituto procuratore generale sardo: questo il  ritratto dei magistrati della Cassazione che hanno dovuto fronteggiare Franco Coppi, il “principe dei penalisti”, che al termine del dibattimento aveva  chiesto l’annullamento della sentenza perché il fatto «così come prospettato non è reato». Sconfitta? Pareggio? Il governo ballerà? Subito dopo la lettura del dispositivo a Palazzo Grazioli è arrivato in ordine sparso tutto lo stato maggiore del Pdl: tra i primi Schifani, Brunetta, Denis Verdini e Altero Matteoli.

Le ultime ore di attesa per il Cavaliere si consumano a palazzo Grazioli con i più stretti collaboratori, sua figlia Marina, Gianni Letta e l’avvocato Franco Coppi. Ad attendere la sentenza anche il vicepremier e ministro dell’Interno Angelino Alfano. Nel cortile Francesca Pascale stempera il nervosismo giocando con il cane Lulù. Fuori dalla residenza romana dell’ex premier fin dalle prime ore del pomeriggio una ressa di giornalisti e telecamere, gli unici ammessi mentre le strade limitrofe sono off limits per motivi di sicurezza. Solo una cinquantina di persone, “l’esercito di Silvio”, si è raccolta davanti a via del Plebiscito per esprimere solidarietà al Cavaliere. Pochi, per rispetto della volontà dell’ex premier di evitare esibizioni muscolari. Più barricadero il clima davanti alla Cassazione dove poco prima delle 17 alcuni cittadini hanno esibito cartelli e striscioni del tipo “Nessuno è più uguale degli altri, nemmeno tu” oppure . “Berlusconi colpevole”.  Divisi i giudizi della vigilia e le speranze dei Democratici, con l’occhio rivolto alla tenuta del governo Letta, compatto il Pdl che da settimane fa quadrato intorno al suo leader. «Confidiamo in una serenità di giudizio», aveva dichiarato Mariastella Gelmini. Più  attento alle ripercussioni sull’esecutivo Stefano Fassina che spera che «il Pdl rimanga concentrato sulle priorità del paese e non sulle vicende di una persona, anche se è il suo leader. A nessuno serve ribaltare il tavolo». Per il Pd il primo a parlare è Guglielmo Epifani con un laconico «la sentenza va rispettata, eseguita e applicata». Il procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, si è limitato a spiegare che «la pena principale è definitiva ed è eseguibile». La sinistra dura e pura si lancia all’attacco. Tra i primi sputare sentenze l’immancabile Antonio Di Pietro: «Ora abbiamo la certezza che Berlusconi è un evasore fiscale e, come tale, non era degno di governare l’Italia ieri, né oggi». Tranchant il commento di Beppe Grillo: «Berlusconi è morto. Viva Berlusconi!».

Poi arriva la nota del presidente della Repubblica: «In questa occasione, attorno al processo in Cassazione per il caso Mediaset e all’attesa della sentenza, il clima è stato più rispettoso e disteso che in occasione di altri procedimenti in cui era coinvolto l’on. Berlusconi. E penso che ciò sia stato positivo per tutti. Ritengo e auspico che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l’esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all’amministrazione della giustizia».

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