Cina: tutti i giornalisti a lezione di marxismo. Obbligatoria…

29 Ago 2013 18:14 - di Giovanni Trotta

Aria di controrivoluzione e di restaurazione in Cina. Tutti a scuola. Questo l’ordine tassativo imposto dal governo cinese ai giornalisti del Paese del Dragone. Oltre 307.000 cronisti – direttori compresi – dovranno seguire per almeno due giorni delle lezioni di marxismo, ha annunciato l’ufficio di propaganda del partito comunista cinese.

A essere indottrinati dovranno essere soprattutto i giovani giornalisti, quelli che usano principalmente internet e i social media o che vi lavorano, perché tra loro ci sarebbe più necessità di una acculturazione marxista, per “armonizzare” le notizie. La decisione arriva solo una settimana dopo che il presidente cinese, Xi Jinping, ha chiesto un maggior controllo sulla rete internet e soprattutto sulle voci di dissenso che si diffondono on line. Alcuni giorni fa un giornalista del Modern Express, Liu Hu, è stato arrestato a Chongqing con l’accusa di «aver creato guai» per aver auspicato un’indagine sulla corruzione nei confronti di un vice direttore dell’amministrazione statale per l’industria e il commercio. Nel mirino del governo cinese anche coloro che fanno circolare sul web voci considerate non verificate. «Internet – ha detto all’agenzia Nuova Cina un funzionario responsabile delle classi di marxismo – è diventato il principale campo di battaglia nella lotta per l’opinione pubblica. Allo stato attuale, la posizione in campo ideologico è complesso, giornalismo e propaganda detengono grandi responsabilità e il compito è sempre più difficile». La notizia dell’inizio dei corsi di marxismo, il cui svolgimento sarà monitorato anche da un gruppo di ispettori, è stata accolta in maniera diversa dai diversi giornalisti. «Ho già studiato marxismo per tanti anni – è stato uno dei commenti riportato dal South China Monring Post – e ora più lo studio meno lo capisco». «Sono senza parole», è stato invece il commento di Lv Minghe, un cronista investigativo che ha espresso il suo pensiero su un post su weibo, il twitter cinese. E intanto, nella morsa dei controlli, finisce WeChat, che con i suoi 500 milioni di utenti in tutto il mondo è diventato una delle applicazioni per instant messaging più usato in Cina e nel mondo. Il governo di Pechino non nasconde di non vederlo di buon occhio, essendo diventato uno strumento per far veicolare informazioni anche sensibili che invece attraverso altri canali più controllabili verrebbero censurate e non riuscirebbero ad essere diffuse. Ma WeChat si difende. La società che ha realizzato l’applicazione, Tencent, tramite il suo portavoce, ha fatto sapere che «WeChat si conforma e rispetta le leggi e alle regole della Cina». Il portavoce ha poi aggiunto che WeChat ha un meccanismo di segnalazione, e che gli utenti possono segnalare se trovano informazioni false o voci non confermate.

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