Berlusconi firma i referendum radicali sulla giustizia. E a Letta dice: «Nessun ultimatum al governo»

31 Ago 2013 14:52 - di Guglielmo Federici

Ieri l’annuncio oggi la firma. Il Silvio Berlusconi che non t’aspetti si materializza in mattinata al tradizionale gazebo per la raccolta delle firme allestito dal partito di Marco Pannella a Largo di Torre Argentina, a Roma, a pochi passi da Palazzo Grazioli. Il Cavaliere, quindi il Pdl, sposano in pieno la causa dei referendum proposti dai radicali sulla giustizia. Il leader del centrodestra è giunto con Pannella ( col quale ieri aveva avuto un colloquio) e ha firmato. «Firmo non solo i sei referendum sulla giustizia, che sono sacrosanti, ma firmo anche gli altri su cui non sono d’accordo, ma con questa firma voglio affermare il diritto degli italiani» ad esprimersi con un voto, ha detto, specificando che «non c’è niente nei referendum sulla giustizia che possa riguardare la mia posizione». Si tratta di dare supporto e peso ai cittadini rispetto all’esigenza di una riforma della giustizia che si è rivelato impraticable realizzare in Parlamento. Si tratta di un segnale politico importante. I referendum proposti dai radicali riguardano la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere, il rientro dei magistrati fuori ruolo nelle funzioni proprie. Altri quesiti chiedono che i cittadini possano ottenere dal magistrato, e in tempi rapidi, il giusto risarcimento dei danni a seguito di irregolarità e ingiustizie da loro subite. Altro punto è ottenere la garanzia di essere giudicati da un giudice terzo obiettivo ed imparziale che abbia una carriera diversa da quella del Pubblico ministero che accusa. Altri referendum riguardano la custodia cautelare e la limitazione ai casi gravi e accertati del carcere preventivo.

Berlusconi getta, poi, acqua sul fuoco delle polemiche per le sorti del Governo in caso di una sua decadenza da senatore:«Letta «fa cose egregie e voglio che continui». Ma il Pd, ricorda subito dopo, non può pretendere che il Pdl «possa restare a collaborare al tavolo del governo se gli si sottrae il fondatore e il leader». Passeggiando tra i gazebo usa toni rassicuranti sul futuro delle larghe intese, stigmatizzando lo stravolgimento delle parole usate ieri  nel corso di un collegamento telefonico. «I giornali hanno messo come mio ultimatum il fatto che cadrebbe il governo se fosse votata la mia decadenza. Non ho mai pronunciato questa frase». Quanto alle dimissioni dei ministri Pdl in caso di decadenza, spiega. «Questo è quello che dicono i ministri, chiedetelo a loro; io mi auguro di no, perché il pPaese ha bisogno di un governo».

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