8 agosto 1943: per Milano fu l’inizio della fine sotto le bombe anglo-americane

8 Ago 2013 17:06 - di Antonio Pannullo

Si chiamavano “bombardamenti a tappeto” o “bombardamenti di saturazione”. Consistevano nel rilasciare bombe a caduta libera su vaste aree del territorio nemico indiscriminatamente su obiettivi che di militare non avevano quasi mai nulla. Gli anglo-americani nell’ultima guerra mondiale furono teoreti e maestri di questo tipo di azione, che mirava a fiaccare il morale della nazione nemica e ovviamente a uccidere un vastissimo numero di civili. Sì, perché le bombe erano spesso arricchite da termite, napalm, fosforo bianco e sostanze similari. Va detto che anche le forze dell’Asse nella prima parte della guerra vi ricorsero, soprattutto contro l’Inghilterra. Quello che avvenne su Milano l’8 agosto del 1943, ossia esattamente settant’anni fa, è un esempio di questa tecnica di combattimento che va molto vicino al crimine di guerra. Va detto che già da qualche settimana Mussolini era stato arrestato e portato sul Gran Sasso. Agli “alleati” sembrò il momento di fiaccare definitivamente la resistenza degli italiani, scatenando un brutale bombardamento aereo sul capoluogo lombardo. Va detto che Milano era stata colpita sin dall’inizio della guerra, si pensi che il primo bombardamento lo subì a cinque giorni dalla dichiarazione di guerra, anche se non provoco grossi danni: ci furono un morto e alcuni feriti. Prima del 1943 le modalità erano diverse, c’erano solo attacchi notturni, per evitare di essere abbattuti, ma anche con il rischio di mancare totalmente i bersagli, quando c’erano. Ma dal 1943 le missioni si svolgevano a tutte le ore del giorno e della notte, perché i caccia-bombardieri non partivano più solo dall’Inghilterra, ma potevano contare su aeroporti nelle zone occupate, come ad esempio in Puglia. Nel 1943 vi fu un massiccio attacco a febbraio, da parte di circa 150 aerei americani, che distrussero moltissimi edifici causando 133 morti e quasi 500 feriti, oltre diecimila sfollati. La città accentuò il suo svuotamento, le scuole chiusero a tempo indeterminato, le razioni alimentari si ridussero ulteriormente. E si giunse a quella notte tra il 7 e l’8 agosto, che ancora oggi è ricordata dai milanesi con cerimonie in memoria delle vittime. Gli americani utilizzavano i famigerati quadrimotori Boeing B 17 Flying Fortress (le fortezze volanti) e i B 24 Liberator, mentre gli inglesi disponevano dei quadrimotori Stirling (capaci di trasportare ciascuno ben 6.000 chili di bombe), gli Halifax (5.800), e i Lancaster (6.500). L’intenzione degli alleati era quella di distruggere la città entro un mese. E ci provarono. Il primo allarme scattò poco dopo la mezzanotte dell’8, e poco dopo l’una iniziarono a cadere le prime bombe, soprattutto incendiarie. Il fuoco si propagò subito a Porta Venezia, porta Garibaldi, corso Sempione, Magenta e Ticinese. Il teatro Filodrammatici andò distrutto, così come il Corriere della Sera e l’ospedale Fatebenefratelli. Danni ingenti al museo di Storia naturale, al Castello, alla Villa Reale, al palazzo Sormani. Oltre 600 furono gli edifici distrutti, e 161 persone persero la vita. 300 i feriti. La contraerea tedesca Flak riuscì a colpire due Lancaster, che peraltro caddero sulla città. Ma fu solo l’inizio dell’inferno: altre incursioni si verificarono il 12, 13, 14, 15, e 16 agosto, con l’utilizzo di oltre 500 bombardieri e migliaia di tonnellate di bombe esplosive. Alla fine oltre metà della città era in preda alle fiamme, il Duomo e la Galleria danneggiati, interi quartieri erano pericolanti. I senza tetto erano 250mila, 300mila gli sfollati. Passeranno decenni prima di vedere i monumenti restaurati; altri edifici, come la Rinascente, furono abbattuti perché non recuperabili.

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