Truffa nella formazione professionale, terremoto nel Pd siciliano

17 Lug 2013 20:14 - di Antonio Pannullo

Bufera nel Pd siciliano per l’inchiesta della Procura di Messina sui corsi di formazione professionale della Regione, finanziati anche con fondi dello Stato e dell’Unione europea. Dopo gli avvisi di garanzia dei giorni scorsi, l’indagine della Guardia di finanza e della polizia è sfociata in una raffica di arresti che coinvolgono diversi esponenti dei democratici. In manette sono finite anche la moglie del deputato del Pd Francantonio Genovese (indagato), Chiara Schirò, e quella dell’ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca (Pdl), Daniela D’Urso. Indagati, nella stessa inchiesta, pure il deputato-questore del Pd all’Ars, Franco Rinaldi, e sua moglie, Giovanna Schirò, sorella dell’arrestata. Gli investigatori hanno eseguito dieci ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e una misura di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio. Ai destinatari dei provvedimenti viene contestata l’associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate a progetti formativi. Il governo siciliano di Crocetta ha deliberato la sospensione immediata dell’accredito per gli enti di formazione coinvolti nello scandalo, in attesa di avere le carte della magistratura per procedere alla revoca. «La formazione in Sicilia è stata un regno di una spartizione da parte del sistema di potere che va oltre il caso di Messina», ha affermato ancora Crocetta. L’inchiesta ruota attorno a tre centri di formazione professionale che operano in provincia di Messina: “Lumen”, “Aram” e “Ancol”. Le indagini hanno fatto emergere l’esistenza di un sistema grazie al quale venivano gonfiati i prezzi delle prestazioni di servizio o degli acquisti di beni necessari per l’attività degli enti. In particolare gli inquirenti avrebbero accertato prestazioni totalmente simulate e sovrafatturazione delle spese di gestione. Grazie a tutti questi artifici, i rappresentanti legali dei centri di formazione, attraverso la compiacenza dei titolari di alcune società con i quali erano legati da vincoli di parentela o di fiducia, riuscivano a documentare spese a prezzi notevolmente superiori a quelli di mercato. I centri in questione, che hanno come scopo l’organizzazione – senza fini di lucro – di corsi formativi, avrebbero così ottenuto finanziamenti per importi di gran lunga superiori ai costi effettivamente sostenuti. In cinque anni i tre enti di formazione, secondo i conti fatti dal consulente del pm, hanno ricevuto circa 50 milioni di euro, gonfiando del 600% fatture per affitti o prestazioni di servizi. «È stato messo in atto un metodo innovativo usato anche per la criminalità economica in tema di riciclaggio, siamo così entrati nelle pieghe dei bilanci, che apparentemente erano a posto», spiega il procuratore capo di Messina Guido Lo Forte. Tra gli arrestati c’è anche l’ex tesoriere provinciale del Pd di Messina, Concetta Cannavò, che era stata rimossa qualche giorno fa dopo la notizia dell’avviso di garanzia. Nei suoi confronti, così come degli altri arrestati iscritti al Pd (Graziella Feliciotto, Nicola Bartolone, Elio Sauta e Chiara Schirò), il segretario siciliano del partito, Giuseppe Lupo, ha chiesto la sospensione.

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