Tornano alla famiglia e ai cittadini italiani le carte di Verga dopo un’odissea di 80 anni

19 Lug 2013 19:52 - di Aldo Di Lello

È una storia che ha dell’incredibile. Ma, come si suol dire, tutto è bene quel che finisce bene. Una serie di preziosissimi manoscritti di Giovanni Verga, praticamente il grosso del corpus delle sue carte, è tornato finalmente nella disponibilità degli eredi e degli studiosi dopo un’odissea durata ottant’anni. Questo risultato lo si deve ai carabinieri del reparto  per la tutela del patrimonio artistico, che hanno iniziato le indagini  a seguito della segnalazione della Sovrintendenza ai Beni Librari  della Lombardia, che aveva a sua volta scoperto un fondo verghiano messo all’asta a Pavia. Ma procediamo con ordine. Tutto comincia nel 1930 quando il figlio dello scrittore (che era deceduto nel 1922) decide di affidare a uno studioso di Barcellona Pozzo di Gotto una consistente parte delle carte ereditate dall’illustre genitore, carte tra le quali erano presenti la prima stesura delle opere più note unitamente a preziosi carteggi con D’Annunzio, Pirandello e Croce. Insomma, il cuore della storia letteraria e culturale dell’Italia tra ‘800 e ‘900. L’impegno era quello della restituzione, ma lo studioso non  se ne dà per inteso e tiene per sé quel tesoro culturale.

La battaglia per la restituzione del patrimonio verghiano viene proseguita dal nipote dello scrittore, Pietro Verga, che se la deve però vedere con la figlia dello studioso, oggi 76enne, anch’ella decisa a non cedere le carte. Nel frattempo, alla restituzione è interessato anche il Comune di Catania, a cui il nipote di Verga, nel 1975,  aveva venduto l’intero fondo letterario, mancante però della parte  più preziosa.

La situazione si sblocca nel dicembre scorso con la segnalazione della Sovrintendenza lombarda A quel punto, insieme alle indagini, coordinate dalla procura della repubblica di Roma e affidate al reparto  dei carabinieri  guidato dal maggiore Antonio Coppola, viene disposto lo spostamento e il deposito temporaneo del Fondo all’Università di Pavia (dove è ancora custodito dopo il sequestro penale disposto dai Carabinieri Tpc). Gli investigatori perquisiscono anche la casa della donna a Roma e lì trovano un’altra parte del tesoro, ancora carte e manoscritti di Verga, disegni e appunti, scatole e scatole di microfilm con le riproduzioni di lettere e manoscritti, oltre ad una serie di reperti archeologici del V-II sec. a. C. provenienti da scavi clandestini. La donna è stata denunciata con l’accusa di ricettazione ed appropriazione indebita. E intanto le indagini, sottolineano i carabinieri, proseguono per capire l’esatta consistenza del fondo ed arrivare al suo completo recupero. Insomma una vittoria della famiglia, del Comune di Catania e, soprattutto, dei cittadini italiani.

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