«Sei clandestino? Torna a casa o finirai in galera». Non è la Bossi-Fini ma una campagna del governo inglese

30 Lug 2013 17:25 - di Redazione

David Cameron interviene nella polemica estiva che da qualche giorno scuote la coalizione di governo: il premier britannico ha difeso la campagna lanciata dall’Home Office che fa circolare nelle vie di Londra camion con enormi poster che dicono agli immigrati irregolari di «andare a casa» o saranno arrestati.  Ieri il portavoce di Downing Street ha ripetuto che il progetto pilota «sta funzionando» e non ha escluso che si estenda a tutto il Regno unito.  Il portavoce di Cameron ha ribadito che il progetto sta funzionando, anche se non ha fornito dati precisi. Sui poster, oltre alla foto di due enormi manette è anche inserito un numero di telefono al quale inviare un sms per ricevere aiuto e consulenza sul rimpatrio. Secondo la Bbc, l’intenzione di Cameron e’ di espandere la campagna da alcuni quartieri della capitale ad alta immigrazione al resto del Paese. Intanto dai libdem continuano ad arrivare le critiche e la richiesta di fermare i controversi camion. Dopo la presa di distanza del leader del partito e vicepremier Nick Clegg, il ministro delle Attività produttive, Vince Cable, ha usato toni molto più duri, affermando che si tratta di una iniziativa «stupida e offensiva».

In particolare i lib-dem sono convinti che i conservatori siano troppo concentrati sul problema dell’immigrazione. Sulla questione Cameron ha avviato una campagna molto rigorosa: a marzo è arrivata la notizia che il governo stava prendendo in considerazione una direttiva per chiedere alle scuole di verificare lo status degli alunni e il premier ha presentato un progetto per abrogare il sussidio ai disoccupati provenienti da altri paesi Ue dopo sei mesi. E in difesa di questa campagna contro l’immigrazione clandestina il Daily Mail ha pubblicato un articolo a firma del ministro per l’Immigrazione Mark Harper che si intitola «Razzismo? Non è razzismo chiedere alle persone che si trovano qui illegalmente di lasciare il Paese».

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