Monti ci ha portato al tracollo, liberiamoci da quell’incubo con una “scossa” (per il bene di tutti)

1 Lug 2013 19:30 - di Francesco Signoretta

I sopravvissuti del governo tecnico (compresa la Fornero) cercano di difendersi, avvolti ancora nell’illusione che ci sia qualcuno che gli dà credito. Ma il Rigor Montis ha causato il tracollo: l’economia è in recessione, i posti di lavoro diminuiscono, i redditi delle persone si sono ridotti all’osso, i consumi sono in flessione. In questa situazione  parlare di creazione di posti di lavoro è pura presunzione e quando il governo annuncia i provvedimenti per «incentivare l’occupazione»  dice delle cose che non hanno senso perché non si può incentivare quello che non c’è. E, infatti, dopo due anni di provvedimenti per rattoppare la situazione i disoccupati hanno raggiunto il massimo di sempre (dal 1977, fa sapere l’Istat) ma forse solo perché prima non esistevano dati confrontabili. Il numero dei senza lavoro, sempre secondo l’Istituto centrale di statistica, ha raggiunto a maggio la cifra di 3 milioni 140mila: 56mila in più in un solo mese e 480mila su base annua. Come risultati raggiunti dal governo Monti non c’è che dire: era molto meglio se il Professore rimaneva alla Bocconi ed evitava di complicare le cose.  Ma così non è stato, quindi oggi il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 12,2% e quella giovanile (15-24 anni) il 38,5%, con un aumento di 2,9 punti percentuali su base annua. Come se ne esce ce lo dice Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, serve una fase di crescita forte, perché con lo sviluppo si attiva il cosiddetto “moltiplicatore” e si mettono in moto le possibilità di trovare un lavoro. Ma se questo meccanismo non parte le parole restano parole. E, infatti, sicuramente il governo Letta sta facendo cose positive, ma è come se, dopo un’alluvione, per svuotare i locali invasi dalle acque, si ricorresse al cucchiaio da cucina invece che alle idrovore dei pompieri. «Il dato era atteso e riflette l’andamento dell’economia reale», fa sapere la Confindustria a chi finge stupore. E dall’altro versante gli fa eco il ministero del Lavoro che, per bocca del sottosegretario Carlo Dell’Aringa, chiede «risorse urgenti per gli ammortizzatori sociali». Si tratta di affrontare l’emergenza e la preoccupazione è sacrosanta per sostenere i redditi e limitare gli effetti della crisi. Ma così retribuiamo la disoccupazione e non abbiamo i soldi da investore per aiutare le imprese e dargli modo di assumere. Rischiamo, dunque, di percorrere un tunnel senza uscita in cui siamo entrati dopo il rigore di Monti e della Merkel. L’Europa batta un colpo, se c’è, il miliardo e mezzo sbloccato recentemente è una goccia d’acqua in un mare in tempesta. Serve come annuncio, ma nulla di più. Al tavolo sono seduti ancora una volta i sindacati, assieme a Confindustria e governo, ma la sensazione è che si parlino lingue diverse. Susanna Camusso, non paga dell’autogol fatto con i provvedimenti della Fornero, è tornata a chiedere che il lavoro a tempo indeterminato costi meno di quello precario: così il secondo non sarebbe più conveniente e tutte le imprese sarebbero invogliate ad assumere a tempo pieno. Magari fosse vero. Il fatto è che prima chi si trovava di fronte a un picco produttivo assumeva con contratti a termine, dopo le misure della Fornero non essendo più incentivato in questo senso non lo fa affatto e così il problema non è stato risolto, ma semplicemente azzerato. La «scossa forte» chiesta da Berlusconi non arriva: lo stop all’Imu sulla prima casa è solo temporaneo, il blocco agli aumenti dell’Iva pure, i pagamenti alle imprese dei debiti della pubblica amministrazione solo parziali e dilazionati nel tempo. Invece Bisogna fare presto. Si tratta di almeno 70 miliardi che, se messi in circolo, producono investimenti, reddito, tasse per l’erario e forniscono le risorse per agire su Imu e Iva che, se non pagate, attivano altri consumi e altro gettito. Così si lavora per lo sviluppo, potando l’albero per sostenere il rigore, invece, facciamo quadrare i conti ma impediamo alla pianta di crescere e di produrre frutti.

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