Marchionne minaccia di delocalizzare l’Alfa. Ma il vero problema è l’assenza di una politica industriale

30 Lug 2013 20:06 - di Corrado Vitale

Sergio Marchionne non incarnerà il perfetto modello del manager democratico e non sarà nemmeno tanto simpatico, ma ha se non altro il merito di parlare con franchezza. Tant’è che le sue esternazioni suscitano spesso dibattiti, diciamo così piuttosto, vivaci. E ciò, in un Paese, come l’Italia abituato al linguaggio curiale delle ellissi, dei sottintesi e dei buonismi ipocriti e farlocchi rappresenta , piaccia o non piaccia, un fattore di chiarezza.

Così non c’è molto da strpirsi se  le sue recentissime dichiarazioni stanno già producendo l’ennesima polemica.  «Le condizioni industriali in Italia rimangono impossibili»,  ha detto l’Ad della Fiat. Di qui una non tanto velata minaccia: l’azienda «potrebbe produrre i nuovi modelli Alfa Romeo non in Italia ma all’estero, abbiamo le alternative necessarie per realizzare le Alfa ovunque nel mondo». È fin troppo facile, a questo punto, accusare Marchionne di arroganza e di insensibilità sociale. Ma non è che demonizzando il “padrone” di turno, come la sinistra sindacale della Fiom è adusa fare da sempre, si risolvano  i problemi delle relazioni industriali e dell’ assetto più competitivo di una   grande azienda come la Fiat così come, più in generale, dell’intero apparato produttivo italiano. Brucia evidentemente, al manager, la sentenza della Consulta che ha dato ragione a Landini nell’ annosa questione delle rappresentanze sindacali aziendali.

Ma poprio qui, nel fossato che divide la filosofia aziendale di Marchionne, da un lato, e l’ideologismo barricadero di Landini, dall’altro,  che si rivela il grande assente di questo duello all’OK Corral: la politica. Perché solo una politica priva di una vera e propria visione dello sviluppo industriale del nostro Paese, una politica distratta dall’inessenziale e dal futile, solo una politica siffatta, può permettere che le relazioni industriali nel nostro Paese degenerino nell’ordalia. Perché il problema è quello dei troppi vincoli e delle troppe inefficienze di sistema che gravano sulle imprese e sui lavoratori. Al dunque, i parlamentari, e in particolare quelli della sinistra,  farebbero bene a evitare il facile tiro al bersaglio contro Marchionne. Pensassero piuttosto a contribuire a realizzare una politica industriale degna di questo nome.

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