“Magna li turchi!”: i gianduiotti della Pernigotti venduti a un’azienda di Istanbul

11 Lug 2013 20:07 - di Corrado Vitale

Voi pensate al gianduiotto e pensate immediatamente all’Italia e agli storici sapori dell’industria dolciaria del Belpaese. Be’, da oggi non è più così: dovrete infatti pensare alla Turchia. Il noto marchio   di proprietà dei fratelli Averna
(quelli dell’omonimo amaro)  ha infatti siglato un accordo con il gruppo Sanset della famiglia Toksoz per la cessione dell’azienda. Nulla di sconvolgente, per carità, in tempi di globalizzazione dei mercati è normale che accada. La Sanset, con sede a Istanbul, è del resto un colosso del settore dolciario, con un fatturato di 450 milioni di euro e con una forte presenza sul mercato nel campo degli snack, creme spalmabili e gelati. Né la cessione del marchio appare il riflesso di una difficoltà economica e produttiva del gruppo italiano, quanto invece il risultato di  una strategia di espansione sui mercati esteri che prevederebbe per l’appunto la ricerca di nuovi partner commerciali. La famiglia Averna ha infatti dichiarato che «Pernigotti, facendo leva, sul notevole know how acquisito  e sulla complementarità con Sanset, continuerà il processo di  crescita intrapreso in Italia, in Turchia  e negli altri mercati internazionali».

Quel richiamo al konw how dovrebbe rassicurare i golosi: il sapore dei gianduotti non è destinato a cambiare. Però fa sempre un certa impressione pensare che un delle storiche bandiere dell’arte  dolciaria italiana vada a finire in mani straniere. Ma questo è uno degli effetti tipici delle caduta delle frontiere e delle barriere. E può fare indubbiamente piacere pensare che i deliziosi gianduiotti possano finire anche sulle tavole  del più sperduto villaggio dell’Anatolia. Si tratterà  di un  frammento di Italia e di sapore italiano che si diffonde nel mondo. È la globalizzazione, bellezza! Che, finché rimane sul piano dello scambio di prodotti e della circolazione delle merci e dei saperi, è sicuramente una cosa buona. Altra cosa è invece  la globalizzazione al ribasso dei marchi contraffatti. Ma, ai signori del dumping, non piacciono di certo i prodotti di qualità.

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