È morto Arturo Nicolodi, il barbone per scelta che condivise con Guareschi il campo di concentramento e una certa idea di libertà

5 Lug 2013 15:37 - di Guglielmo Federici

È morto all’età di  97 anni Arturo Nicolodi, il maestro di Bolzano, europeista convinto che cenò con Churchill e De Gasperi e che poi divenne per scelta barbone, uno dei più noti e amati del capoluogo altoatesino. Fu amico di Guareschi col quale condivise il dramma del campo di concentramento. Due spiriti con storie diverse alle spalle, ma entrambi insofferenti dei compromessi dei politicanti. Una figura singolare, eccentrica, colta – era maestro e passava ancora molte ore in Biblioteca a studiare qualunque cosa gli capitasse  a tiro. Proveniva da una famiglia borghese, tra i suoi fratelli un notaio e un filosofo. Nel dopoguerra fu più volte arrestato per aver strappato la sua carta d’identità e aver offeso il presidente della Repubblica.

Riteneva che gli interessi del Sud-Tirolo non fossero salvaguardati né dal governo italiano né da quello tedesco. Nel 1953 il settimanale Spiegel dedicò un lungo articolo al suo sciopero della fame. Nicolodi divenne poi per scelta barbone, dormendo per decenni sui treni, quelli della tratta Bolzano-Bologna. Gli studenti della Libera università di Bolzano lo adottarono come una sorta di mascotte. Il regista Pietro Marcello gli dedicò un film Il passaggio della linea che nel 2007 sbarcò al Festival di Venezia. A oltre 90 anni tornò a dormire, per la prima volta dopo 50 anni, in un letto. Gli ultimi anni ha vissuto in una casa di riposo in Trentino. Mai si sarebbe immaginato di diventare il protagonista di un lungometraggio d’autore. L’esperienza che più l’ha segnato è stata la reclusione in un campo di prigionia in Polonia, nel 1944-1945. Durante quell’esperienza, qualcosa dentro di lui dev’essersi rotto, fino al punto di fargli dire basta e decidere di vivere a modo suo: senza legami di sorta. Libero. «Niente donne, niente soldi, niente Chiesa», amava dire.

Una vita controcorrente, che anni dopo tentò di far assurgere a modello politico. «Fondai un partito: La nuova Europa. A Bronzolo riuscimmo a far eleggere quattro consiglieri comunali. Ma poi, in tanti ci misero i bastoni fra le ruote. Il fatto è che davamo fastidio a Dc e Svp, che basavano tutto sul dissidio etnico; tutto, pur di non dover dimostrare di avere un programma. Noi un programma – europeista, laico, innovativo, democratico, plurilingue – l’avevamo, per questo ci fecero fuori. Io fui addirittura arrestato come anarchico».

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