Papa Francesco: una “lobby gay” in Vaticano. E condanna la Chiesa ricca: “San Pietro non aveva un conto in banca”

11 Giu 2013 21:29 - di Redazione

Papa Francesco ha lanciato l’allarme “corruzione” nella Curia romana, mentre in Vaticano a suo dire esiste anche una “lobby gay”. Intanto ha richiamato ancora la Chiesa alla “gratuità” e alla “poverta”. “San Pietro non aveva un conto in banca”, ha avvertito, e se si vuol fare una “Chiesa ricca”, allora essa “invecchia”, “non ha vita”. Due i momenti in cui è emersa con grande forza, oggi, la visione del Papa su quale dev’essere il futuro della Chiesa e anche sulle difficoltà di riformare la Curia romana. Da una parte, la messa mattutina a Santa Marta, in cui ha toccato uno dei punti cardine, programmatici, del suo pontificato: quello di una Chiesa non legata alle ricchezze materiali, in cui la testimonianza di povertà salva dal diventare meri “organizzatori” di opere, o peggio “imprenditori”.

Ma contemporaneamente dal Sudamerica venivano rilanciate sue dichiarazioni fatte giovedì scorso incontrando i delegati della Confederazione dei Religiosi Latinoamericana e dei Caraibi (Clar), riportate dal sito web cileno Reflexion y Liberacion. Interrogato sulla sua volontà di riforma, Francesco ha risposto: “Eh, sì, è difficile. Nella Curia c’è gente santa, santa davvero. Ma esiste anche una corrente di corruzione, anche questa esiste, è vero”. “Si parla di una lobby gay ed è vero, è lì… Ora bisogna vedere cosa possiamo fare al riguardo”, ha proseguito. “Non posso essere io a fare la riforma, queste sono questioni di gestione e io sono molto disorganizzato, non sono mai stato bravo per questo”, ha ammesso il Papa, aggiungendo di aver fiducia nella commissione cardinalizia creata con questo incarico. Interpellato sull’ argomento, il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha detto di non avere “alcuna dichiarazione da fare sui contenuti della conversazione” trattandosi di “un incontro di carattere privato”.

Di notevole peso anche le affermazioni di papa Francesco durante la messa di oggi a Santa Marta, compreso il richiamo a San Pietro naturalmente privo di “un conto in banca”, che riapre il gioco delle ipotesi su che strada prenderanno le riforme di Bergoglio e se queste toccheranno anche le istituzioni finanziarie, come lo Ior. “Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture”: questa l’esortazione rivolta da Gesù agli apostoli da cui il Pontefice è partito nella sua omelia. “La predicazione evangelica nasce dalla gratuità, dallo stupore della salvezza che viene e quello che io ho ricevuto gratuitamente, devo darlo gratuitamente”, ha detto Bergoglio. Il Papa ha voluto sottolineare che il Regno di Dio “è un dono gratuito”. “Tutto è grazia. Tutto – ha spiegato -. E quali sono i segni di quando un apostolo vive questa gratuità? Ce ne sono tanti, ma ne sottolineo due soltanto: primo, la povertà. L’annunzio del Vangelo deve andare per la strada della povertà. La testimonianza di questa povertà: non ho ricchezze, la mia ricchezza è soltanto il dono che ho ricevuto, Dio. Questa gratuità: questa è la nostra ricchezza!”. E secondo Bergoglio, “questa povertà ci salva dal diventare organizzatori, imprenditori… Si devono portare avanti le opere della Chiesa – ha osservato -, e alcune sono un po’ complesse; ma con cuore di povertà, non con cuore di investimento o di un imprenditore, no?”. La Chiesa, ha ribadito, “non è una ong: è un’altra cosa, più importante, e nasce da questa gratuità. Ricevuta e annunziata”.

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