La verità sulla battaglia e sugli eroi di Montecassino

28 Giu 2013 18:24 - di Redazione

Il 18 maggio di ogni anno ricorre l’anniversario della vittoria polacca nella sanguinosa e interminabile battaglia di Montecassino combattuta nel 1944, una battaglia che doveva per forza essere vinta dagli Alleati se volevano proseguire verso Roma. Dall’alto della montagna dove sorgeva la storica abbazia, infatti, le batterie tedesche decimavano, con i loro cannoni, qualunque formazione tentasse di procedere lungo la Casilina, che s’inoltrava nella vallata. Lo avevano sperimentato, sulla loro pelle, inglesi, americani, neozelandesi, francesi, indiani, canadesi, nepalesi ed anche italiani del Cil (Corpo Italiano di Liberazione). I tentativi proseguivano dal mese di gennaio. Finché, il 12 maggio, il comandante dell’VIII Armata britannica, generale Leese, assegnò al generale Wladyslav Anders il compito di conquistare la montagna.

I polacchi si lanciarono in una delle più straordinarie imprese militari della loro storia e, il 18 maggio, ebbero la meglio, issando la bandiera biancorossa sulle rovine dell’abbazia. La vittoria era costata ai polacchi quasi mille morti e più di tremila feriti.

Gli Oscar Storia della Mondadori hanno scelto quella data per pubblicare il nuovo libro del giornalista e storico Luciano Garibaldi Gli eroi di Montecassino. Storia dei polacchi che liberarono l’Italia (186 pagine, 11 euro). Il volume, che si avvale della prefazione del prof. Massimo De Leonardis, dell’Università Cattolica di Milano, ricostruisce in chiave divulgativa un’epopea che richiama alla memoria le epiche vicende del Risorgimento italiano, allorché i polacchi si sacrificarono per l’Italia nelle file di Giuseppe Garibaldi, e gli italiani morirono per la Polonia guidati da Francesco Nullo (gli episodi sono ricostruiti nell’appendice storica del volume).

La storia del 2° Corpo d’Armata polacco, incaricato di partecipare alla liberazione dell’Italia, ebbe inizio con l’assalto russo-tedesco alla Polonia nel settembre 1939. I territori occupati dai russi subirono una spaventosa pulizia etnica. Più di un milione e mezzo di civili furono trasportati, su carri bestiame, nei gulag della Siberia, dove in gran parte morirono. Quanto ai militari, 22 mila ufficiali furono sterminati, con il colpo alla nuca, nelle foreste di Katyn. Pochi superstiti furono portati prigionieri in URSS. Tra questi, il generale Wladyslaw Anders che, nella Prima Guerra Mondiale, quando la Polonia era ancora spartita tra Germania, Austria-Ungheria e Russia, aveva combattuto valorosamente, come ufficiale, nelle file dell’Armata zarista. Conoscendo il suo talento tattico, Stalin gli offrì di dar vita a un esercito polacco al servizio dell’Urss. Lui si guardò bene dall’accettare la proposta e pagò il suo rifiuto con quasi due anni di torture e di violenze nel carcere-fortezza della Lubianka, finché, dopo l’invasione tedesca dell’Urss del 22 giugno 1941, ricevette, dal governo polacco in esilio a Londra, l’incarico di formare, con i prigionieri, un esercito polacco che sarebbe stato impiegato contro i tedeschi, ma agli ordini della Gran Bretagna. Ovviamente, Stalin non poté opporvisi.

Nacque così, interamente formato di volontari, quello che sarebbe diventato il 2° Corpo polacco dell’VIII Armata britannica in Italia. Dopo Montecassino, gli uomini di Anders combatterono eroicamente negli Abruzzi, nelle Marche e in Emilia-Romagna. Azioni militari condotte con l’animo sconvolto dalle notizie in arrivo dalla patria lontana, dov’era iniziata l’insurrezione di Varsavia contro i tedeschi, con il rifiuto dell’Armata Rossa, attestata oltre la Vistola, cioè alle porte della città, non solo di intervenire in soccorso degli insorti, ma addirittura di consentire l’atterraggio degli aerei pilotati da aviatori polacchi in arrivo dall’Italia con i rifornimenti per l’Armia Krajowa, il Corpo militare formato da volontari per ribellarsi ai tedeschi. Quegli eroici piloti, dopo aver sganciato le armi ai loro fratelli, precipitarono e morirono a diecine essendo rimasti a secco di carburante. Il che scatenerà, nell’animo dei combattenti del 2° Corpo in Italia, un odio mortale nei confronti di Stalin e dei comunisti.

Se ne avrà la dimostrazione all’indomani della liberazione di Bologna ad opera del 2° Corpo (all’alba del 21 aprile 1945) allorché per un soffio fu evitato un sanguinoso scontro armato tra i polacchi di Anders e i partigiani comunisti che sventolavano sotto i loro occhi le bandiere rosse con la falce e il martello. A quei fatti il libro di Luciano Garibaldi dedica un capitolo nel quale vengono descritti gli oltre trenta scontri armati, con morti e feriti, tra i soldati polacchi e le formazioni partigiane comuniste.

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