La Cina è vicina per il signor Prada: «Per rilanciare l’economia gli italiani devono fare meno ferie»

13 Giu 2013 16:57 - di Guido Liberati

Lui si chiama Patrizio Bertelli. Secondo la rivista americana Forbes è tra i dieci italiani più ricchi del mondo grazie a un patrimonio di 2,77 miliardi di dollari. Con sua moglie Miuccia Prada, gestisce un impero globale nel campo della moda e ha le idee chiare su come far ripartire l’economia italiana. “Lavorare di più, lavorare in pochi”.  La proposta del signor Prada, ribalta il vecchio slogan della sinistra sindacale “Lavorare meno, lavorare tutti”. L’imprenditore toscano, un classico self made man, è convinto che per  «per far guadagnare di più i lavoratori e per assumere nuovo personale» c’è solo una soluzione, far lavorare di più gli italiani che hanno già un lavoro. «Sei settimane di ferie sono una enormità, bisogna ridurle di una settimana». L’amministratore del gruppo Prada, bontà sua, riconosce pure che «il costo del lavoro in Italia è troppo alto, a fronte di un salario troppo basso». Ma l’aumento in busta paga va fatto con i soldi dello Stato. La soluzione anche in questo caso è semplice: il reddito lordo «dovrebbe calare almeno del 10%. Sarebbe bene ridurla del 20%». Quindi i lavoratori devono lavorare di più e lo Stato deve chiedere meno tasse.

La filosofia è la stessa che nel corso degli anni gli ha fatto sostenere la necessità di delocalizzare le imprese. A cominciare dalla sua, che attinge alla manodopera delle nazioni emergenti, come in Turchia, dove le operaie del settore tessile lavorano 14 ore al giorno per 400 euro al mese: «Non capisco che differenza vi sia tra una camicia fatta in Tunisia, dove cuciono benissimo, e una fatta a Napoli. L’ importante – spiega il patron di Luna Rossa – sono i materiali, la qualità, gli standard». E ha sostenuto che «nei prossimi vent’ anni la delocalizzazione sarà un fatto necessario». E ancora: «Ci sono prodotti che non possono essere fabbricati in Italia. L’ importante è che in Italia ci siano la testa e il controllo, magari anche l’ assemblaggio». Tutto, insomma, tranne che i lavoratori italiani. Perché vuoi mettere la meravigliosa flessibilità degli operai cinesi?

 

 

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