I “cervelloni” della Cgil? Meglio i bellimbusti e le maliarde dell’Isola dei famosi

1 Giu 2013 17:03 - di Aldo Di Lello

Chissà dove la Cgil pesca normalmente gli esperti del suo ufficio studi. Sicuramente li cercherà tra gli stagisti delle imprese di pompe funebri. Non s’era infatti mai visto un documento tanto lugubre come la simulazione sul trend futuro dell’occupazione elaborato dall’ufficio economico del sindacato guidato da Susanna Camusso. Per raggiungere i livelli di lavoro del 2007 – prevedono gli economisti Cgil – dovremo aspettare 63 anni. Mentre, per quanto riguarda il livello del Pil, ne dovremo attendere tredici. Occorreranno insomma due generazioni per uscire dal tunnel della crisi.  Si salvi chi può e mano ai gioelli di famiglia! Qui siamo oltre il proverbiale catastrofismo della sinistra, siamo al profetismo apocalittico. Per invertire la funesta tendenza indicata dai “cervelloni” della Camusso non sarebbero sufficienti i consigli di Krugman, Stiglitz e Shinzo Abe messi insieme. Ci vorrebbe  una legione di fattucchiere, negromanti e astrologi farlocchi messi insieme.

Intendiamoci, che la situazione non sia rosea lo sanno anche  i bellimbusti e le maliarde della fu Isola dei famosi. Qui, se non cambia qualcosa in Europa, se non  torna il credito alle imprese, se le Stato non si decide a pagare i suoi debiti con le aziende, se i tedeschi non cessano di fare i Torquemada del Rigore, se insomma il governo non si dà un po’ da fare negli alti consessi della Ue, saranno crauti amari per tutti. E mettiamoci pure che quella della Cgil appare in fondo una provocazione per ridare centralità al tema del lavoro.

Però attenzione a non disperdere i beni più preziosi di un popolo, la sua vera ricchezza: la speranza e la fiducia. Perché l’economia non è solo un fatto di cifre, dati, tabulati e proiezioni, ma anche una forza gigantesca che si alimenta con il cuore, la passione, le aspirazioni, le previsioni di milioni di lavoratori, di  famiglie e di imprenditori.

L’economia è una faccenda troppo seria per essere lasciata agli economisti. Soprattutto quando si tratta di gente che fa  di tutto, ancorché – presumiamo – animata dalle migliori intenzioni, per attirare la sfiga sulla nostra povera Italia.

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