Grecia, la sorte della tv pubblica Ert appesa ai destini del governo Samaras

18 Giu 2013 13:17 - di Redazione

A poche ore dalla riunione dell’Eurogruppo di giovedì prossimo, il ministro delle Finanze greco Yannis Stournaras e i rappresentanti della troika (Fmi, Ue e Bce) si incontrano oggi ad Atene per trovare un accordo definitivo su alcune questioni ancora in sospeso come la nuova tassa sugli immobili, la riduzione dell’Iva sui prodotti alimentari e nel settore della ristorazione, il licenziamento di 2.000 dipendenti statali entro la fine del mese e la revisione del piano delle privatizzazioni dopo l’insuccesso della vendita della Depa, la compagnia ellenica del gas, dalla quale si è ritirata proprio l’ultimo momento la compagnia russa Gazprom.

Anche i leader dei tre partiti che sostengono il governo di coalizione in Grecia si sono incontrati ma senza riuscire ad allontanare dall’orizzonte il rischio di un ricorso anticipato alle urne che avrebbe conseguenze catastrofiche per la Grecia, a partire da una fuga di capitali all’estero sino al blocco degli aiuti finanziari da parte dei creditori internazionali del Paese. Secondo quanto riferiscono i giornali, il premier Antonis Samaras (di Nea Dimokratia, centro-destra) ha presentato ai due alleati di governo – Evanghelos Venizelos del Pasok (socialista) e Fotis Kouvelis di Sinistra Democratica – un piano in nove punti che prevede tra l’altro un aggiornamento dell’accordo programmatico dei tre partner, un migliore coordinamento dell’attività governativa e un rimpasto del governo immediatamente dopo il congresso di Nea Dimokratia in calendario per la fine di giugno.

I tre leader politici devono decidere anche il futuro della tv pubblica. Essi danno una lettura diversa alla decisione del Consiglio di Stato, la più alta istanza giudiziaria della Grecia, che ieri ha ordinato la sospensione “temporanea” della chiusura della Ert. Venizelos e Kouvelis, infatti, sostengono che la decisione dell’alta corte impone la riapertura della vecchia Ert così com’era sinora e riaffermano la propria volontà politica di procedere in un secondo tempo alla sua ristrutturazione. Fonti vicine al premier, da parte loro, sostengono che in base a tale decisione la vecchia televisione pubblica è morta e deve essere chiusa. Al suo posto, affermano, deve essere istituita una nuova società pubblica.

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