E la sinistra capitolina celebra la vittoria con una kermesse di antifascismo d’annata

11 Giu 2013 18:41 - di Aldo Di Lello

Se il grande Giovannino Guareschi fosse  ancora tra noi, sicuramente tirerebbe fuori il suo sfottò anticomunista più celebre: «Contrordine compagni, i valori bipartisan non sono più in vigore». All’indomani della vittoria di Marino a Roma, i sentimenti più beceri dei nostalgici degli Anni Settanta  sono tornati prepotentemente in superficie. Gianni Alemanno è ridiventato il “fascista” sconfitto dar valoroso popolo de la  sinistra.  Un “popolo” che ha subito okkupato il luogo simbolo della politica capitolina al grido di «fuori i fascisti dal Campidoglio». E un “popolo” che ha inondato Facebook di post tracotanti e  beffardi.

Incantate  da questa ritrovata memoria dell’antifascismo militante che fu, alcune penne all’arrabbiata hanno vergato parole di fuoco. Così ad esempio Michele Serra, annota, gongolante e berciante,  su la Repubblica: «Niente di personale contro Gianni Alemanno, ma che a Roma non ci sia più un sindaco che viene dal neofascismo è una notizia di rilievo mondiale». E anche Mattia Feltri, sulla Stampa,  non ha resistito alla tentazione di riproporre il «vecchio cliché del movimento sociale semimascelluto, sempre petto in fuori, maniche arrotolate e libreria vuota». Che fantasia ragazzi!

E ci si è  messo di mezzo  anche il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe, che ha inviato un messaggio di auguri al neosindaco di Roma affermando che la vittoria di questi «mette fine a cinque anni di amministrazione molto reazionaria». L’abuso politico della storia è stato, sì,  bandito dalla comunicazione ufficiale della sinistra italiana, ma sopravvive come pulsione invincibile, come prepotente  movimento di viscere, come grido che, dopo essere  rimasto a lungo in gola, esplode con sonorità tonante: «Fascistaaa! Ritorna nella fognaaa!».  Il fatto è che , come ammette Serra,  «l’esito nero delle amministrative precedenti è stata una delle catastrofi simboliche della sinistra italiana». E sì, per i ”compagni”, l’amministrazione del Campidoglio è una sorta di diritto acquisito, fin dai tempi del sindaco Argan. È un singolare caso di usucapione ideologica, che la sinistra capitolina vuole  ora rivendicare al fine di lavare  l’«onta» di cinque anni fa. Certo, si può anche dire che questo improvviso risveglio di antifascismo d’annata è un po’ speculare a certo anticomunismo fuori tempo massimo che ogni tanto viene agitato nella polemica politica. Ma ciò non toglie che questi cupi brontolii, questo rancore sordo, questa mitologia rancida provenienti dalla sinistra profonda non dicono nulla di buono sulla qualità della nostra democrazia e sulle prospettive del dibattito pubblico in Italia.

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