Di rigore si muore. Così Squinzi si vendica di Monti e del montismo

10 Giu 2013 19:43 - di Corrado Vitale

Di rigore si muore. Serve una svolta per l’Europa. A lanciare questo grido di allarme non è uno qualunque, ma il presidente degli industriali italiani. «È necessario  – afferma Giorgio Squinzi nel corso di un intervento tenuto all’assemblea degli industriali di Vicenza – un radicale cambiamento della politica europea». Il presidente di Confindustria si toglie un macigno dalla scarpa, rispondendo a tono alle parole di Mario Monti sul Corriere della Sera, che l’aveva accusato di non essere all’altezza del ruolo di guida degli industriali. L’obiettivo del pareggio di bilancio è certo sacrosanto, ma non  deve diventare un’ossessione. «Noi pensiamo – aggiunge il numero uno di Viale dell’Astronomia – che oltre il rigore sia necessario mettere mano agli investimenti per ritrovare la crescita». Parole sante. Ma c’è qualcuno in Europa capace oggi di intaccare quella sorta di religione dell’austerità che la Merkel e la Bundesbank stanno imponendo al resto del Continente? Perché il cuore del problema è proprio qui. E non è un cuore economico, ma politico. Anzi, per l’esattezza ideologico. Perché di questo, in definitiva, si tratta.  Di ideologia allo stato puro, appunto.  Quella che la parte più integralista (ancorché laica) e intollerante della società, della politica e del sistema mediatico in Germania intendono propagandare come nuovo verbo del Terzo Millennio.

Non si spiegherebbe altrimenti questa continua insistenza dei media germanici più schierati con la Cancelliera nel difendere l’idea che agli europei del Sud come gli italiani tocca una sorta di destino quaresimale. Dobbiamo pentirci di aver costruito nei decenni passati un sistema di inclusione sociale come non s’era mai visto nella storia dell’Italia unita?

La nuova ideologia tedesca trova in Draghi – dispiace il rilevarlo – una sorta di nuovo bardo e apologeta. Proprio mentre Squinzi lanciava il suo grido di allarme, le agenzie battevano il testo dell’elogio della Germania compiuto dal presidente della Bce affermava che «gli Stati sovraindebitati devono fare riforme seriamente, come la Germania nel 2003». la Germania è insomma il  modello “virtuoso” che i “peccatori” del Sud Europa devono imitare, abituandosi alla mentalità del cilicio e della penitenza permanente.

Ma fino a quando può durare questa grande, tragica ed esiziale offensiva ideologica? Speriamo non molto. Anche perché è sempre un insigne tedesco del passato – Carlo Marx – ad avvertire che l’ideologia è falsa coscienza. Cioè  un paravento per nascondere interessi assai concreti e materiali. Nel nostro caso si tratta dell’indubbia convenienza della banche tedesche a mantenere alta la loro liquidità. Interesse cui corrisponde naturalmente quello delle imprese germaniche a finanziarsi a tassi di interesse assai più competitivi rispetto a quelli praticati dalle banche italiane agli imprenditori di casa nostra.

Speriamo che Letta e la classe dirigente politica italiana sappiano raccogliere come si deve questo ennesimo grido d’allarme lanciato dal mondo dell’impresa italiana.

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