Berlusconi voleva morto Gheddafi? ll “Fatto” ignora la smentita. Ma i media mondiali ignorano lo “scoop”…

14 Giu 2013 11:14 - di Gloria Sabatini

La fonte è segreta ma “autorevole”, si dice sempre così. I padri dello scoop – che però non campeggia sui giornali di tutto il mondo come avrebbero desiderato – si chiamano Travaglio e Padellaro. L’argomento è succulento: il rapporto tra il “poco amato” Cavaliere e il colonnello Gheddafi. La tesi a dir poco esplosiva: Silvio Berlusconi nei primi mesi del 2011 avrebbe fatto richiesta ai nostri Servizi segreti di fare fuori l’ex amico rais di Tripoli («non è che si potrebbe uccidere?»). E poco importa se il portavoce dell’ex premier ieri abbia smentito l’intera ricostruzione, se il buon senso si sottrae ad accettare tanta “ingenuità”, questa mattina Il Fatto quotidiano ci torna sopra con un titolone a tutta pagina “Si può uccidere Gheddafi? Il caso B. finisce al Copasir”. Tra le novità rispetto a ieri la convocazione “ad hoc” per martedì del Comitato parlamentare di controllo sulla sicurezza (guidato dal leghista Giacomo Stucchoi) e nuovi “particolari” sulle paure del Cavaliere che, dopo la partecipazione italiana all’intervento della Nato in Libia, temeva la vendetta dell’ex amico. Il tutto corredato dall’analisi di Furio Colombo incentrata sull’impegno generalizzato dell’Occidente a mettere il silenziatore al colonnello libico. «Il procuratore più accreditato di Gheddafi, a quel tempo primo ministro italiano, non ha mai commentatola fine spaventosa del socio, certo non un’esplosione di rabbia». Non si potrebbe far uccidere il rais? «Ci hanno pensato, pare, i Servizi francesi – dice Colombo –  ma il fine è stato raggiunto». Il Fatto non risparmia neppure la sinistra italiana accusando il Pd di non aver mosso un dito per evitare lo “scandaloso” patto con Tripoli. Il famigerato trattato di amicizia, partenariato e cooperazione che, al netto delle polemiche e delle lettura ideologiche, ha avuto il merito di mettere la parola fine al pluridecennale contenzioso con la Libia. «Qualcuno deve spiegare – scrive l’ex direttore de l’Unità – perché l’intero Pd, all’epoca guidato da Massimo D’Alema, abbia potuto votare all’unanimità (meno due) insieme con i dipendenti di Berlusconi quel “fraterno patto” con la Libia. Nessuno ne risponderà perché c’erano tutti (a questo servono le larghe intese)». E a che cosa servono gli scoop del Fatto? Lo scopriremo presto. Nell’articolo di ieri (il primo del caso B) a firma di Stefano Feltri si informavano i lettori che dopo l’appoggio italiano all’intervento della Nato in Libia, il Cavaliere avrebbe avanzato agli 007 italiani allora guidati da Gianni De Gennaro la richiesta di uccidere il rais. Una rivelazione che il giornale attribuisce  a «una fonte diplomatica autorevole vicina agli ambienti della sicurezza». Ma perché Berlusconi avrebbe voluto la morte del suo «amico»? Semplice: per sganciarsi in modo “netto” dall’amicizia con il Colonnello nel momento di massima debolezza della sua credibilità internazionale. Per avvalorare la tesi il Fatto riporta ricostruzioni giornalistiche – tra cui pezzi di Le Monde, del Giornale e del Corriere – che ipotizzavano un ruolo dell’intelligence dei Paesi occidentali nella scelta di uccidere Gheddafi appena catturato, anziché consegnarlo alla giustizia internazionale e sottoporlo a processo. Sulla rete si scatenano la fantasia e l’amara ironia (Berlusconi chiese ai servizi segreti di uccidere Gheddafi. “Ok Presidente, facciamo col tritolo come al solito?”), ma lo scoop per ora non seduce troppo. Le parole di Bonaiuti, dai cronisti d’assalto del Fatto,  vengono derubricate a “smentita d’ufficio”. «La pretesa ricostruzione de II Fatto Quotidiano  è totalmente falsa, incredibile, assurda, inaccettabile», si legge nella nota del portavoce dell’ex premier, «ma come si può sostenere che il presidente Berlusconi abbia soltanto pensato a un’infamia del genere?».

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *