Tutti gli errori di un partito che è “democratico” di nome ma non di fatto

22 Mag 2013 15:56 - di Oreste Martino

Strana concezione di democrazia ha il Partito democratico. Davvero poco democratica. Dato che non riescono a vincere le elezioni, stanno ben pensando di eliminare dal gioco gli avversari. L’ineleggibilità di Berlusconi da un parte e l’incandidabilità del Movimento Cinque stelle dall’altra, sono due carte che il Pd pensa di avere nella manica. Da giocare nel luogo simbolo della nostra democrazia, il Parlamento. La legge sull’ineleggibilità dei concessionari pubblici è vecchia, e più volte il concessionario Berlusconi è stato salvato dall’Aula, spesso anche grazie all’aiuto dei democratici. Oggi, il Pd sta pensando di mutare il proprio orientamento. A causa di tante divisioni al proprio interno, superabili solo attraverso la battaglia contro il nemico di sempre, i democratici stanno immaginando di fare una cosa antidemocratica: impedire la partecipazione del proprio avversario al gioco democratico. Coadiuvati in questo paradossalmente da Beppe Grillo, che avendo lanciato l’Opa sulla sinistra vuole mettere alla prova il Pd sull’unico tema che unisce le mille anime dei democrat: Berlusconi. L’idea di Grillo è di puntare l’arma dell’ineleggibilità contro Berlusconi, che si potrebbe salvare solo con i voti dei parlamentari Pd. E presumibilmente si salverà. In tal modo Grillo potrà gridare all’inciucio e provare a sedurre gli elettori di sinistra (non pochi) che non vedono l’ora di “fare fuori” il nemico. A ciò si aggiungerà il solito corollario di polemiche interne al partito democratico. Grillo e Casaleggio l’han studiata bene. Però, qui scatta un antico pensiero degli ex Pci: “Nessun nemico a sinistra”. Così viene fuori il ddl Finocchiaro-Zanda che non vuole permettere la candidatura alle elezioni ai non-partiti. Peccato che tutti i partiti siano associazioni non riconosciute. E anche il Movimento Cinque Stelle lo è, con apposito statuto nel quale figurano Beppe Grillo, il suo commercialista e suo nipote. Tutto molto italiano. Ma Grillo con la sua retorica rivendica il fatto che il suo movimento sia un non-partito che si propone come alternativa ai partiti e che mira addirittura a distruggerli. La Finocchiaro lo ha preso in parola e vuole che alle elezioni possano presentarsi solo i partiti. Insomma, una legge che disciplini la vita dei partiti (come in Germania) non c’è, nonostante lo prescrive la nostra Costituzione, ma il Pd vuole impedire ai grillini di essere presenti sulle schede elettorali. Un atteggiamento non molto democratico.

Alla fine, chi ci guadagna da questo scenario è sempre e solo Silvio Berlusconi. Che assiste impassibile allo scontro tra Grillo e il Pd e sta riuscendo – secondo i sondaggi – a recuperare parte dei voti che dal Pdl sono andati a Grillo (ben il 32% dei voti del M5S nel 2013, secondo Demopolis, viene da elettori che nel 2008 votarono Pdl) anche grazie allo “sfondamento a sinistra” che i grillini stanno operando. Così la sinistra che non riesce a vincere democraticamente, si affida alle carte bollate per mettere fuori gioco Berlusconi. Lui passa per vittima, la sua parte preferita, che da sempre rende molto bene elettoralmente. Mentre il Pd si perde nel dibattito interno infinito, nelle sue correnti, nelle sue contraddizioni. In attesa che Renzi varchi il Rubicone. Ma potrebbe essere troppo tardi. E come dice Grillo, il bipolarismo prossimo venturo potrebbe essere Berlusconi contro il Movimento Cinque stelle. Lo scenario migliore per il Cav. in versione statista delle ultime settimane.

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