Stato-mafia, Grasso dice sì ai giudici di Palermo ma ironizza: “Consultate la Costituzione”

18 Mag 2013 19:17 - di Redazione

Il presidente del Senato, Pietro Grasso, si è detto disponibile ad essere ascoltato dalla procura di Palermo che lo ha chiamato a testimoniare al processo sulla trattativa Stato-Mafia che si aprirà il 27 maggio. Ancora nessuna reazione, invece, dal Quirinale, per l’analoga richiesta rivolta al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Sarà comunque la Corte d’assise a decidere sull’ammissibilità dei testi (180 in tutto). Da Grasso i pm vorrebbero approfondire quanto emerso dai colloqui intercettati tra l’ex vicepresidente del Csm, Nicola Mancino ed il consigliere giuridico di Napolitano, Loris D’Ambrosio, morto nel luglio scorso. In sostanza Mancino – imputato per falsa testimonianza – avrebbe chiesto di far intervenire l’allora Procuratore nazionale antimafia lamentandosi per la mancata adozione di forme di coordinamento tra le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze che si stavano occupando della cosiddetta trattativa.  “Dopo aver ascoltato tanta gente nella mia vita – ha ironizzato oggi il presidente del Senato ricordando il suo passato da pm e poi da procuratore nazionale antimafia – non posso che essere disponibile a mia volta ad essere ascoltato” dai magistrati. Naturalmente, ha aggiunto ancora sul filo dell’ironia, “valuterò la prerogativa che il mio ruolo istituzionale mi dà, di farmi ascoltare nei palazzi del Senato, magari nella Sala della Costituzione: consultarla, ogni tanto, non fa male…”.

Intanto, l’ex pm di Palermo Antonio Ingroia ha approvato in pieno la richiesta, siglata da quello che fino a poco tempo fa era il suo ufficio, di ascoltare come teste Napolitano. “Lo avrei fatto anche io, che sottoscrivo parola per parola tutta la lista dei testi presentata”. La richiesta di sentire il capo dello Stato, ha sottolineato Ingroia, “non c’entra niente con la vicenda delle intercettazioni, ma serve a chiedergli di riferire se Loris D’Ambrosio gli abbia parlato della lettera nella quale lo scomparso consigliere giuridico del Quirinale scrive di ‘indicibili accordi’ come se sapesse della trattativa Stato-mafia”.

Duro invece il commento di Fabrizio Cicchitto, che ha definito destabilizzante l’azione della procura siciliana. “Con il rinnovato attacco della procura di Palermo al presidente Napolitano, e cioè a quella che è non solo la figura istituzionale di maggiore rilievo, ma anche la personalità di maggior prestigio dalla quale dipende per larga parte la stabilità e le possibilità di modernizzazione del quadro politico e istituzionale – ha spiegato l’esponente del Pdl – è evidente che esiste un nucleo sia pur ristretto di magistrati che vuole destabilizzare tutto il sistema”.

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