La stella declinante di Grillo apre nuove prospettive. I sogni muoiono all’alba, i partiti ora colgano l’occasione…

31 Mag 2013 9:13 - di Gennaro Malgieri

Facilmente prevedibile. E infatti lo avevamo previsto. Beppe Grillo ha “scomunicato” anche Rodotà. Non è una grande notizia. Conoscendo i costumi del comico genovese era scontato. Chi non è d’accordo con lui è contro di lui. Così ragionano i tirannelli in sedicesimo. Che muovono al riso anche quando enunciano enormità tali da doverli compatire. Il minimo che si possa dire, a questo punto, è che a Grillo l’insuccesso gli ha dato alla testa. Ad essere “circondato” adesso è lui, non più noi, come sosteneva nei giorni del furore pro-Rodotà. Ed è circondato dall’ilarità di chi pure lo ha votato non per fare uno sberleffo alla politica, ma per disgusto verso i partiti che nella loro insipienza hanno fatto lievitare un fenomeno da circo Barnum che ha contagiato anche persone moderate eppure schifate dall’andazzo generale.

Adesso finisce dove doveva restare confinato: nel ridicolo. Se la prenda pure con tutti quelli che vuole, facendo allusioni per non assumersi direttamente la responsabilità delle accuse che muove (da Vendola alla Finocchiaro, da Veltroni a Bersani, da Civati a Renzi), tanto per sbollire la rabbia determinata dall’impotenza politica più che certificata, ma lasci stare i problemi del Paese tanto non gli crede più nessuno. Neppure i fedelissimi (a proposito ha già “democraticamente” – dopo soli tre mesi – cambiato i capigruppo di Camera e Senato: ma si può immaginare di lavorare in Parlamento in questo modo?) gli danno più retta. Le loro dichiarazioni di circostanza rivelano un imbarazzo che è difficile da nascondere. Resta il rammarico che probabilmente soltanto in Italia, quale sintomo della profonda crisi dei partiti e della politica in generale, poteva venir fuori un Grillo a capo di una congrega di delusi che riteneva di avere in mano le sorti della Repubblica soltanto perché un politico di terza fila, come Bersani poteva dargli credito facendo sputtanare via streaming e regalandogli la presidenza della Camera per farselo amico.

Grillo sta rapidamente scendendo nella considerazione di chi lo ha votato. Non ci meraviglieremmo se in pochi mesi i media dedicheranno poco spazio alle sue gesta, né del prevedibile abbandono di molti suoi parlamentari desiderosi di fare politica piuttosto che occuparsi di scontrini, fatture e diarie.

A proposito, come voterà il M5S quando arriveranno in Parlamento i provvedimenti di governo sul finanziamento ai partiti politici? Domanda oziosa. Contro, naturalmente. Per il semplice fatto che seppure la scrivessero loro la legge per spirito di pura contraddizione non l’approverebbero. Paradossale, vero? Ma è sul paradosso, sull’iperbole, sull’insulto gratuito ed infine sulla “scomunica” sistematica che Grillo ha costruito le sue pallide ed ora scemanti fortune. Illudendo chi l’ha preso sul serio ed orchestrando una sarabanda che la Repubblica ha assorbito assai male, grazie anche alla solita grancassa mediatica che lo ha presentato come il “nuovo”, mentre era ed è soltanto un comico in disarmo di fronte al quale l’ “ottuagenario” Rodotà, per quanto politicamente discutibile, mostra una vitalità intellettuale ed uno spessore politico che lui ed il suo compagno Caseleggio se le sognano. Resta la meraviglia che un giurista di tal fatta abbia potuto cedere, sia pure per lo spazio di un momento, alle lusinghe di uno sceneggiatore in cerca d’ispirazione per mobilitare le sue truppe a scarso d’argomenti e di idee. Debolezza, si dirà. E va bene.

Adesso il piatto è servito. Ed è indigesto per tutti. Tranne per chi vede tramontare una stella che non sarebbe mai dovuta apparire nel firmamento opaco della politica italiana.

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