Ilva, si dimette il Cda. Il Pdl: «Il governo convochi subito un tavolo. A rischio 40.000 posti di lavoro»

25 Mag 2013 20:01 - di Redazione

Ora più che mai «è indispensabile ed urgente che il governo Letta convochi già per i primissimi giorni della prossima settimana un Tavolo sull’Ilva a Palazzo Chigi», dichiarano in una nota congiunta i coordinatori regionali del Pdl della Puglia, Francesco Amoruso e Antonio Distaso, a nome dell’intera delegazione di parlamentari pugliesi del partito, alla luce dei clamorosi risvolti della vicenda che ha portato alle dimissioni di tutto il Cda, Bondi compreso. Non c’è tempo da perdere. «Come ribadito anche da Raffaele Fitto – si legge nella nota- non è possibile che il governo che noi sosteniamo non intervenga in una gravissima questione occupazionale ed economica che rischia di diventare uno tsunami per tutto il Paese proprio mentre tutti insieme stiamo cercando di venir fuori da questa gravissima crisi. L’Ilva – concludono – è questione nazionale e nel solco di quanto fatto in passato, occorre che anche oggi l’esecutivo se ne occupi in modo prioritario ed urgente». L’appello accorato giunge al termine di una settimana di fuoco, iniziata con l’accusa per i “vecchi” dell’azienda, Emilio e Adriano Riva, di aver truffato lo Stato facendo sparire nei paradisi fiscali un miliardo e duecento milioni sottratti alla società, proseguita con il maxisequestro di otto miliardi e cento milioni disposto dal Gip di Taranto come equivalente per la mancata effettuazione delle opere per il risanamento ambientale dello stabilimento di Taranto e conclusasi con le dimissioni del  Cda. Il rischio che l’azienda “salti” è reale. «Sono a rischio 24 mila posti di lavoro diretti, 40 mila con l’indotto. Si sta mettendo in pericolo tutto, decine di migliaia di persone potrebbero rimanere senza lavoro». Il comunicato diffuso dall’azienda prosegue sostenendo che “l’ordinanza dell’autorità giudiziaria colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all’esercizio dell’attività produttiva nello stabilimento di Taranto»: un provvedimento che «ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono strettamente indispensabili all’attività industriale e per questo tutelati dalla legge 231 del 2012, dichiarata legittima dalla Consulta». La società ha anche dato mandato ai propri legali di impugnare il provvedimento di sequestro nelle sedi competenti. Che la situazione sia drammatica lo sa bene pure il governo, che si ritrova con il cerino in mano a pochi giorni dall’approvazione del decreto che avrebbe dovuto risolvere la questione. Il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, non a caso ha convocato già per lunedì a Roma l’amministratore delegato Enrico Bondi e nei prossimi giorni coinvolgerà i sindacati.

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