I Big Country (trent’anni dopo) conquistano Milano

29 Mag 2013 17:02 - di Redazione

Si sono esibiti martedi al Tunnel Club di Milano dopo quasi 30 anni (ultimo live a Milano in un Palalido stracolmo). Sono i Big Country, tornati dopo un periodo durissimo, dovuto alla scomparsa del leader Stuart Adamson, archiviata come suicidio. La tappa milanese del tour mondiale ha emozionato i fedelissimi della band britannica. C’erano Bruce Watson alla chitarra e Mark Brzezicki alla batteria (i due membri della storica line-up), Jamie Watson alla chitarra, Derek Forbes al basso (ex Simple Minds) e Mike Peters degli Alarm alla voce, leader degli Alarm. La loro voglia di rinascita è parallela alla storia della Scozia. Nascono negli anni ’80 senza nemmeno i soldi per permettersi le chitarre, in una terra devastata dalla crisi economica, che oggi invece ha un pil che vale 4 volte il debito pubblico della Gran Bretagna. Il 2014 sarà l’anno dell’Indipendenza, sogno mai abbandonato dai tenaci scozzesi. L’impulso a ripartire dopo la scomparsa di Adamson nasce nel 2006 ed è un classico che i grandi artisti vengano scoperti sempre solo dopo la loro morte, ma non ce lo si aspettava da Bono Vox. Gli i U2 infatti nascono, diventano amici dei BC nei primi anni 80 come esponenti di «nuovo folkrock», ispirato al folklore celtico. Gli U2 però abbandonano presto questa strada  ottenendo contratti  con le più forti major discografiche e produzioni da un genio musicale quale Brian Eno, dimenticando per sempre Irlanda e vecchi amici.

Nel 2006  sono gli stessi U2, insieme ai Green Day, a scegliere la canzone The Saints are coming, di Stuart ai tempi degli Skids, altro gruppo punk 80’s, per raccogliere fondi per New Orleans, colpita 5 anni prima da “Katrina”  e ancora povera e indigente. The saints are coming spacca tutte le charts a livello mondiale, l’impatto  sul palco e in video è un’enorme scarica elettrica  e  gli Skids – il primo gruppo di Stuart – dopo un grande concerto tributo decidono di riprovarci. Nei Big Country, al contrario solo Mark Brzezicki   continua a suonare, come batterista di  Joan Armatrading, Howard Jones, Rick Astley e Midge Ure. Bruce Watson invece appende la chitarra al muro e per vivere  addirittura pulisce sommergibili nucleari. Sarà il figlio, con la stessa passione per la chitarra elettrica, ad invogliarlo a ricominciare. La moglie chiama a raccolta gli altri che decidono di affrontare ben due anni di tour. Fans e critica  rispondono positivamente, e hanno un successo tale da suonare ai festival più prestigiosi d’Europa, tra cui Isola di Wight. Facile però trionfare con concerti/cover: la sfida ora è  fermarsi per realizzare nuovi brani. Ne esce The journey, album che “ guarda al passato ma è proiettato al futuro”, e che  il giorno dell’uscita, lo scorso 8 aprile va direttamente al 37° posto nella UK chart. A 14 anni dal loro ultimo album in studio, The journey  per molti è al livello dei BC dell’88. Adamson aveva carisma, voce e talento chitarristico inconfondibile, ma Peters dimostra di essere molto più di una valida alternativa: mantiene l’identità della band soprattutto nei testi. I cinque scendono in un tour mondiale  per presentare The Journey. Nonostante il ritorno di una forma recidiva di leucemia Mike decide di seguirli lo stesso. Questa è la storia dei Big Country, ma anche la vita vera di tutti gli uomini, che ripartiti da zero, affrontano senza paura un nuovo viaggio.

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