Basta con le logiche buoniste della sinistra, occorre maggiore severità contro i clandestini

17 Mag 2013 17:02 - di Oreste Martino

Conoscete la follia di Kabobo, il giovane ghanese che ha ucciso tre milanesi a colpi di piccone. Quel ghanese non doveva essere lì. Era un immigrato clandestino, con la fedina penale “sporca” e ai sensi della Bossi-Fini andava cacciato dall’Italia. Con un’interpretazione da sociologismo sessantottino, il sindaco di Milano ha capovolto la realtà. Per Pisapia è incomprensibile «che nessuno abbia avvisato le forze dell’ordine». Il problema secondo lui è che «viviamo in una società di legami labili e, una volta al sicuro, non si pensa al rischio che qualcun altro potrebbe correre». Per concludere con un inequivocabile «Il centro della questione è la paura: chi corre un pericolo mortale si concentra solo sulla sua sopravvivenza, non pensa a nient’altro». Insomma, non è arrivato ai livelli della Boldrini che giustificò in parte Preiti a causa della sua condizione sociale, ma quasi. La radice ideologica è la stessa.

In questi giorni si parla molto di ricostruzione della destra, di rifare An e altre belle cose. Qualunque cosa accadrà deve partire da un principio: la certezza della pena. Perché, a differenza di quanto pensa l’iper-garantista Pisapia, quei milanesi lì non hanno avvisato la polizia perché non ci credono più. Ne hanno viste e sentite troppe di storie di persone che entrano ed escono dal carcere come se fosse una porta girevole di un grande hotel. Non credono più in uno Stato che non fa rispettare le sue leggi, come la Bossi-Fini (un monumento per la destra di governo). E la paura è un prodotto dell’assenza della certezza della pena, un concetto “di destra” che per uno come Pisapia è un disvalore. “Il carcere criminogeno” e altre robe del genere sono da sempre patrimonio di certa sinistra. E invece, se ci fosse stata la certezza della pena, Kabobo sarebbe in Ghana e oggi non ci troveremmo a piangere tre innocenti massacrati. Perché a quell’articolo 27 comma 3 della nostra Costituzione che sancisce come unica funzione della pena la “rieducazione del condannato” andrebbero aggiunte cinque parole:  “e la sicurezza dei cittadini”. Insomma, non va cambiata solo la prima parte della costituzione impropriamente definita “la più bella del mondo”. Purtroppo in Italia il codice penale e le altre norme penali somigliano sempre più solo a una “carta costituzionale del delinquente”: sembrano cioè servire solo a tutela di chi commette reati e non sono più strumenti per garantire la sicurezza dei cittadini, soprattutto quelli onesti.  La Bossi-Fini è un fiore all’occhiello della destra di governo. È una legge che fa infuriare la sinistra, che spesso viene disapplicata, troppe volte boicottata dai magistrati. È una legge che ha messo un freno all’immigrazione clandestina ma che per funzionare davvero deve migliorare i meccanismi di espulsione, oggi del tutto inefficaci. Negli Usa e in Canada dove il meccanismo per ottenere la cittadinanza è più facile che in Italia, la cittadinanza si può ottenere ma anche perdere facilmente. Non infrequenti sono le espulsioni di persone dichiarate «ospiti non graditi». Quel sistema ha una coerenza: ottieni la cittadinanza se lavori e fai il tuo dovere. Ma se invece ti macchi di reati o finisci in galera o vieni espulso. Chiedere maggiore severità contro i clandestini non è “fascismo”, come direbbe un Vendola qualsiasi, ma uno strumento di legalità a tutela soprattutto dei tanti “nuovi italiani” che vogliono essere italiani, che qui voglio farsi una famiglia, inventarsi un lavoro e costruire il proprio futuro.

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