Se l’asse Pd-Pdl tiene sul Quirinale, Cicchitto già vede un governo di larghe intese

18 Apr 2013 10:38 - di Gloria Sabatini

Buon Marini a tutti. Ancora non è detto che sarà l’ex presidente del Senato marsicano il nuovo capo dello Stato, ma se lo fosse potrebbe essere più facile la strada verso un governo bipartisan, finora giudicata impraticabile per il veto di Bersani sul Pdl. A pensare positivo è Fabrizio Cicchitto che in un’intervista fotografa gli umori della vigilia in casa Pdl e fa trapelare qualche notizia sul vertice tenuto da Berlusconi con i suoi meroledì sera. «Abbiamo discusso su questi quattro nomi”, Amato, D’Alema, Mattarella e Marini, “ma il più probabile credo che sia quello di Marini. Importante era stabilire un metodo che, dati i rapporti di forza usciti dalle elezioni e le trappole di cui ha disseminato il cammino il Movimento 5Stelle, coinvolgesse tutte le principali forze in campo». L’ex sindacalista piace al partito di Alfano e chi dovesse storcere il naso è stato istruito a dovere dal Cavaliere, «serve compattezza – ha raccomandato – e per favore non vi sbagliate, dovete scrivere Franco e no Francesco». Marini –dice Cicchitto – «ha dimostrato grandi capacità di mediazione e di indipendenza e ha sempre scelto posizioni di grande equilibrio. Un uomo che, nella sua carriera, non ha mai partecipato a scontri frontali». Ma non dite che si tratta di un cattolico al Quirinale – dice il laicissimo esponente del Pdl dal passato socialista –  «non ragiono sullo schema laici-cattolici,  possono essercene di moderati e di estremisti in entrambi gli schieramenti». Da domani potrebbe essere meno impossibile lavorare per il nuovo esecutivo, se via del Nazareno, archiviata per sempre la pratica grillina, si decidesse ad accettare la soluzione più razionale e necessaria all’Italia. «Il nostro Paese va governato e subito. L’unica soluzione è un governo Pd-Pdl di pari dignità e con un programma all’altezza di compiti assai difficili». È certo che senza di noi –scandisce l’ex capogruppo pidiellino alla Camera – al Senato un governo non passa.

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