Per vincere la sfida contro Golia non basta coltivare le buone intenzioni

29 Apr 2013 18:25 - di Silvano Moffa

La metafora biblica di Davide e Golia si attaglia perfettamente al nuovo Governo. Enrico Letta l’ha evocata al termine di un discorso ricco di spunti programmatici. Alcuni dei quali non proprio inediti. Ma certo assai in linea con la gravità economica e sociale che attraversa il Paese e con le condizioni di malessere in cui versa da troppo tempo ormai la politica italiana. L’elencazione puntigliosa ha avuto  il tono e la portata di un discorso talmente impegnativo da  assumere il profilo di un discorso di legislatura. Letta , insomma, ha cercato di mettere il sigillo di lunga durata al suo governo. Idea più che legittima anche se appare ambiziosa. Va detto però che le sfide, quando sono tali, si affrontano sempre alzando il livello del confronto, mai abbassandolo. Va dato atto al nuovo presidente del Consiglio di aver  apertamente imboccato questa strada, rifiutando forme remissive ed accondiscendenti . Sa bene, Enrico Letta, che la partita si gioca tutta sulla capacità di coesione tra forze politiche diametralmente opposte e, finora, incapaci di individuare un comune terreno di convergenza.

Ma se il bel tempo si vede dal mattino, nei messaggi rassicuranti sulle politiche fiscali della casa (blocco del pagamento della rata di Imu prevista per giugno) e nella precedenza data alla legge elettorale su altre, non meno urgenti, riforme della politica e delle istituzioni, sembra di intravedere il canovaccio di  quelle “larghe intese”, fino ad una settimana fa guardate con sospetto e osteggiate da gran parte del Pd.  Come pure è apparsa assai pertinente ad entrambi i lati dell’emiciclo l’annuncio di un imminente tour nelle capitali europee. Viaggio assolutamente necessario dopo il percorso travagliato e confuso che ha portato al varo del nuovo esecutivo e che, agli occhi dei nostri partner, ci ha fatto apparire come un Paese poco affidabile.  Viaggio necessario, anche e  soprattutto, per gettare le basi di una sostanziale ritrattazione degli impegni fin troppo vessatori imposti dagli eurocrati di Bruxelles.

È evidente peraltro che il problema dei problemi resta quello della economia e della penuria dei posti di lavoro. Si tratta del fronte sul quale si misurerà da subito la capacità di questo governo di passare dalla diagnosi, fin troppo scontata, alla terapia. A Letta non può sfuggire che occorra una terapia d’urto. Un’azione dirompente sul  versante del costo del lavoro, della estensione delle tutele per chi rischia di non entrare più nel circuito produttivo e per gli out-sider, prevalentemente giovani e donne che faticano ad entrarvi.  Ragionare sulle porte di accesso significa rimettere mano alla riforma Fornero,  tornando ad allargare l’area della flessibilità dopo che è stata colpevolmente ridotta. Significa non solo abbattere il cuneo fiscale per le imprese, liberando risorse per l’innovazione, la formazione e la produttività, ma anche affrontare il tema del modello di sviluppo cui ancorare il sistema competitivo del nostro Paese. Questione tanto più urgente se, come lo stesso presidente del Consiglio ha sottolineato, la dimensione delle sfide globali che ci attendono riguarda la crescita impetuosa e concorrenziale dei Paesi emergenti e la centralità del Mediterraneo per il ruolo geo-economico del Vecchio Continente.

Insomma, di carne al fuoco, Enrico Letta ne ha messa molta. Lo ha fatto con sobrietà di linguaggio e senza grandi giri di parole. Citando il suo maestro, Beniamino Andreatta, circa la  distinzione tra il modello di una politica che divide gli schieramenti sul piano ideologico e la ricerca “delle politiche” sulla cui base cercare di risolvere i singoli problemi, ha voluto trovare il conforto dell’unica via possibile per tenere insieme porzioni diverse: la via del pragmatismo.  L’eccezionalità del momento lo impone. Ma per vincere la sfida contro Golia non basta coltivare le buone intenzioni. Certo, ci vuole coraggio. Il coraggio di liberarsi di antiche incrostazioni mentali, di gettarsi alle spalle vecchi pregiudizi, di coltivare idee e progetti  idonei a superare la crisi. Ci riuscirà il nuovo governo? Vedremo. Onestamente di più , al momento, Letta non poteva dire. Anche perché sa bene che il diavolo si nasconde spesso nei dettagli. E niente è più difficile dello scendere nei dettagli  del “come” alcuni provvedimenti  necessari per il rilancio e la ripresa potranno essere finanziati. Ma è qui che si potrà valutare la nobilitate del  nuovo governo e la capacità di tenuta di questa insolita maggioranza.

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