Le ambasciate nella Corea del Nord sfidano il regime: non evacueremo il personale

6 Apr 2013 20:40 - di Redazione

Le ambasciate straniere a Pyongyang declinano, per il momento, l’invitò avanzato dalla Corea del Nord a valutare l’evacuazione del personale perché non in grado dopo il 10 aprile di garantire la loro sicurezza nello svolgimento delle funzioni in caso di conflitto. Una vicenda finita verosimilmente nel colloquio telefonico di oggi tra il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e il neo ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, sugli sviluppi della crisi: condividendo profonda preoccupazione per l’escalation, Ban ha detto di “essere impegnato a fare tutto il possibile per disinnescare” ogni tensione, dichiarandosi fiducioso che anche la leadership cinese avrebbe fatto “del suo meglio per contribuire a calmare la situazione e aiutare Pyongyang a invertire la rotta”.

Parole, riportate in una nota, che sono il segnale di un pressing su Pechino, ultimo alleato del Nord. “Ad ora non ci sono motivi per andare via”, hanno riferito fonti diplomatiche del coordinamento del network delle rappresentanze, in base alla convinzione diffusa che si debba restare e vedere l’evoluzione degli eventi (“nessun piano sulla partenza, ma aspettiamo”), nonostante la crescente escalation dei toni, rimasti finora solo verbali. “La riunione si è tenuta nel pomeriggio intorno al nucleo europeo”, tra cui Germania, Regno Unito e Svezia, che al solito rappresenta gli Usa, in assenza di rapporti diplomatici tra Washington e Pyongyang. “Poi – ha detto la stessa fonte – c’è stato il consueto collegamento con tutti quanti, con la Russia e anche la Cina”. In altri termini, nessuno “ha ritenuto e visto alcuna necessità”, in base alla situazione attuale, di lasciare la capitale nordcoreana: non è chiara la ragione della data del 10 aprile e, soprattutto, è sospetto il fatto che la comunicazione sia avvenuta venerdì, “ad appena 5 giorni dalla scadenza”. Un mondo, forse, per far aumentare la tensione. Questo è l’orientamento delle oltre 20 ambasciate straniere, incluse quelle cinese e russa, e gli uffici di rappresentanza delle agenzie internazionali nella capitale nordcoreana, tra le riconducibili all’Onu e ad altre organizzazioni umanitarie, nel complesso meno di una decina. I diplomatici restano dunque, mentre la Farnesina, dal sito ‘viaggiaresicuri’, invita i cittadini a “posticipare temporaneamente eventuali viaggi in Corea del Nord”.

Il governo della Corea del Sud, nel frattempo, ha informato le missioni diplomatiche a Seul che non sono stati rilevati segnali nel Nord relativi a un possibile lancio di un attacco, escludendo le ipotesi di timori sulla sicurezza. In particolare, un alto funzionario della Presidenza sudcoreana, citato in forma anonima dall’agenzia Yonhap, ha riferito il capo dell’Ufficio sulla sicurezza nazionale, Kim Jang-soo, ha tenuto in giornata una riunione di alto livello per un esame aggiornato. “Dall’incontro è emerso che, per ora, non ci sono segnali di cambiamento o sviluppi a Pyongyang o in altre città”. L’unico elemento, legato alla propaganda, è un ordine all’ aumento della produzione di pezzi di artiglieria impartito dal leader nordcoreano Kim Jong-un: la Kctv, il network televisivo, ha trasmesso una sorta di documentario in cui è apparso Kim durante una riunione di consultazione con i lavoratori dell’ industria della difesa, tenuta lo scorso 17 marzo.

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