Il vero popolo della rete è stato quello che ha “impallinato” Prodi e non si è infatuato di Rodotà

21 Apr 2013 9:55 - di Girolamo Fragalà

Il monarca assoluto rischia di essere stritolato proprio dal micidiale meccanismo che gli ha consentito di salire sul trono. Beppe Grillo, il “re del web”, comincia a inciampare proprio sul terreno insidioso dei blog che gli hanno consentito di costruire le sue fortune, perché quando si scopre l’inganno si perde credibilità. E la campagna internet in favore di Rodotà è stata ingannevole perché giocata su un elemento: la gran parte dei navigatori grillini non conosceva nulla di Rodotà, non sapeva che è stato in Parlamento per quindici anni e che diventò deputato con il vecchio Partito comunista. I navigatori grillini ignoravano persino che lo stesso ex comico aveva inserito Rodotà nella lista nera di chi percepisce le cosiddette pensioni d’oro. Quando la verità è venuta fuori, si è affievolito l’entusiasmo e sono state “tradite” le aspettative dell’ex comico. La campagna web non ha influito sulle scelte del Parlamento e non a caso è stata accolta bene solo dai vendoliani e poi – in piazza – dagli estremisti di sinistra che si sono uniti alla protesta dei militanti Cinquestelle, creando alta tensione a Roma. E la pessima protesta notturna del dopo-elezione di Napolitano dimostra anche i rischi che comporta un uso sbagliato del web, tanto che è stato necessario un dietrofront per riportare la calma. Grillo se ne faccia una ragione: il vero popolo della rete che ha vinto, con una forte mobilitazione (a destra come a sinistra) fatta di polemiche e ironia, è stato quello che si è opposto al glorioso ritorno di Prodi: vignette, locandine, gruppi di protesta spuntati come funghi, uno dopo l’altro. Un coro unanime, una rabbia bipartisan. E la politica – al di là dei franchi tiratori e delle liti interne al Pd – è riuscita a cogliere questo disagio, a capire che cosa sarebbe accaduto se fosse stato eletto Prodi: un’ulteriore perdita di credibilità e una stagione di divisioni lunga altri sette anni. Il Professore ulivista non è riuscito a mascherare la sua delusione, mentre il (vero) popolo della rete festeggiava il suo rientro a casa. A Bologna, non al Quirinale.

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