E questo sarebbe il Paese normale?

9 Apr 2013 11:42 - di Marcello De Angelis

Nel 1995 Massimo D’Alema, con la sua unica e proverbiale prosopopea, consegnò alle stampe un libro dal titolo Un Paese normale. Il titolo era il ritratto dell’autore, un tizio con una smorfietta disgustata che saliva in cattedra e guardava tutti dall’alto in basso dandogli dei deficienti. Un Paese normale era ovviamente un Paese dove avrebbe dovuto governare lui e non Berlusconi. Il problema era ovviamente che Berlusconi in questo Paese anormale diventava Premier grazie ai voti degli italiani e invece lui arrivò a Palazzo Chigi facendo vincere di misura le elezioni a Prodi e rimuovendolo dalla poltrona per metterci se stesso. Comunque: è storia. E certo non la storia di un Paese normale. Da allora si può dire che l’Italia è diventata sempre più il contrario di normale, se per normale si intende tutto ciò che in qualunque altro luogo sarebbe considerato logico. Berlusconi ha rivinto le elezioni con una maggioranza mai vista. Dopo due anni ha cominciato a prendere schiaffi da tutte le magistrature, dalla stampa nazionale e straniera, dalle due potenze egemoni della zona euro, dai suoi partner e persino dalla moglie. Bisogna ammettere che Berlusconi era un po’ distratto e soprattutto sordo a qualsiasi sollecitazione a concentrarsi sulla politica che gli venisse da chi teneva alla sua sopravvivenza e alla sopravvivenza del suo governo e del suo partito. In un Paese normale, a dirla tutta, il super-leader avrebbe sfruttato  quel momento di straordinario consenso per strutturare un partito che il consenso lo mantenesse, perché questo accade normalmente in politica in un Paese e in un epoca normale. Ma non qui. Poi c’è stato il Presidente della Repubblica, che nella nostra Costituzione è sempre stato un soggetto relativamente esterno e paternalista, che ha deciso di autonominarsi Gran Caudillo e prendere in mano i destini dell’Italia. In un Paese normale si sarebbe tornati a elezioni per mettere al governo altre forze politiche, ma il Presidente, insieme ai proprietari di giornali e alle banche che li finanziano, ha deciso che la politica non la dovessero mai più fare i politici. Come dire che i medici non devono più fare operazioni chirurgiche perché lucrano sui mali della gente. Così abbiamo avuto la Repubblica dei professori o – per chi conosce l’Università italiana – dei baroni universitari. E questo è un Paese normale. E tutti hanno detto che quello o qualsiasi cosa era sempre meglio che votare. Come se votare fosse un delitto. Poi tutti a battere la grancassa per comici, attori e cantanti. Quelli sì hanno a cuore il destino dei cittadini e se ne fregano di arricchirsi e mettersi in mostra. E questo è un Paese normale! Poi abbiamo votato. Ma abbiamo una legge che dice che se prendi il 28% vale come il 60. E un italiano su quattro ha votato per un tizio che vedeva in Tv senza sapere che non era nemmeno candidato. Così ora abbiamo un nuovo Parlamento, ancora più normale di prima. Ci sono ancora i ladri, e prostituti e prostitute di varia osservanza, ma abbiamo aggiunto un buon terzo di inetti, incapaci e analfabeti ai furbetti di professione. E questo è un Paese normale. E da 40 giorni non si riesce a fare un governo. Altrove avrebbero rifatto già le elezioni, ma non qui, perché le elezioni, il voto, il diritto di espressione dei cittadini fa orrore e sono soldi buttati. Nel frattempo si aumentano le tasse, si chiudono le aziende, finiscono i soldi della cassa integrazione, si riducono i consumi, si aumentano i costi di produzione. Ma, grazie al cielo, siamo un Paese normale. Pensa te se fossimo anormali!

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