Sansonetti tira le orecchie ai “compagni”: ecco perché siete senza bussola

26 Mar 2013 11:14 - di Redattore 54

Ha scritto Stenio Solinas su Il Giornale: “Da qualche mese la destra e la sinistra hanno ripreso a frequentare le stanze del dibattito intellettuale”. Era inevitabile che, con il fallimento dell’esperienza centrista di Mario Monti, in quei due mondi si tornasse a riflettere su cosa è andato storto e cosa per il verso giusto. Ora, se discutere di destra e sinistra sia indice di vitalità delle etichette o della confusione che esse generano fa parte di un altro dibattito. I puristi di destra – è ancora Solinas a parlare – rifiutano la destra reale chiedendo più valori e meno potere. E a sinistra? Anche da quelle parti la discussione s’infervora. Piero Sansonetti, già direttore del quotidiano Liberazione, e oggi della rivista Gli Altri e formatosi sulle colonne dell’Unità, ha intitolato il suo ultimo libro La sinistra è di destra (Rizzoli) e ha così voluto riprendere una provocazione semantica cui non sono nuovi gli intellettuali (si pensi allo studio di Marco Revelli intitolato Le due destre per rimproverare al fronte progressista la mancanza di una “sinistra sociale” o anche alla stessa famosa definizione, coniata sempre da Stenio Solinas, del “compagno Fini”) per denunciare lo snaturamento della parte politica in cui hanno creduto e in cui si sono impegnati.

A Sansonetti non piace dunque la sinistra moderata, quella che corre verso il centro e flirta con Monti: “Se la sinistra – scrive – accetta di diventare una variabile dipendente dei capitalismi si trasforma in una corrente della destra”. Ma a Sansonetti non piace neanche la sinistra giustizialista, né quella moralista. E dunque non accetta che si faccia del solo antiberlusconismo ideologico la bandiera da sventolare guardando all’avvenire. Non gli piace l’idea che le sinistre siano due, una riformista e una radicale. Ne vorrebbe una sola e una sola che sappia fare i conti con il passato, i conti con il comunismo. Dopo la caduta del Muro, infatti, è mancata una revisione radicale dei fondamenti ideologici della sinistra.  “Se vogliamo davvero affrontare il nodo del comunismo – scrive – dobbiamo prima di tutto spazzare via un’ipocrisia enorme: quella che tra marxismo e socialismo reale sovietico non ci fosse nessuna relazione di necessità. È chiaro che non è vero. Cioè, è chiaro che nella natura e nella struttura del marxismo sia insito lo sbocco autoritario. La lotta di classe è una idea che parte dalla constatazione del dominio di una classe su un’altra (della borghesia sul proletariato)e propone non l’abolizione del dominio, ma il suo rovesciamento, e dunque la perpetuazione del dominio. La nonviolenza, come idea e pratica politica, esiste solo in quanto negazione del dominio”. Ma anche la destra sociale è contro la dittatura del mercato, e Sansonetti lo sa, e anche molti cattolici. E allora torniamo agli interrogativi iniziali su cosa deve fare la destra e cosa la sinistra. Interrogativi, o meglio dubbi, i quali scaturiscono tutti dalla paura che c’è, da una parte e dall’altra, che la politica venga del tutto imbavagliata e messa  a tacere dalla tecno-democrazia globale.

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