Matteo Orfini imbarazza il Pd: «Il finanziamento pubblico ai partiti va mantenuto»

7 Mar 2013 20:30 - di Redattore 92

Barba folta, aria eternamente accigliata, Matteo Orfini a 39 anni sembra «più vecchio di Berlusconi» o «il fratello triste di Enrico Letta» (due definizione colte al volo su Twitter di un bersaglio facile dei Democrat). Responsabile Cultura e Informazione del Pd, vanta un passato da archeologo e tra i reperti che si porta appresso, il lessico da Frattocchie. Stamattina a Omnibus che ha mandato su tutte le furie parecchi militanti e anche qualche dirigente di Largo del Nazareno. «Sono convinto che il finanziamento pubblico ai partiti così com’è faccia schifo, ma che in qualche modo vada mantenuto, perché è l’unica garanzia che consente a uno povero, di una città povera d’Italia di fare politica». Orfini ha trovato anche il nesso tra Pdl e M5S: «Non a caso chi è per l’abolizione sono i partiti di due miliardari, cioè Berlusconi e Grillo». Ecco l’esempio del deputato Pd: «Avete idea di quanto costa il service di Piazza San Giovanni? Io sì e non è gratis e voi pensate che un partito come quello, senza Grillo e Casaleggio che ha dato loro visibilità e finanziamenti, l’avrebbe potuto fare? Non sarebbbe stato possibile e un ragazzo di Vibo Valentia non potrebbe mai diventare Grillo».

La risposta della base del Pd non si è fatta attendere ed è stata uno tsunami di critiche a Orfini. Duro anche Marco Meloni della segreteria nazionale del Pd, che ha accomunato nella reprimenda Stefano Fassina, protagonista di dichiarazioni analoghe: «Fassina e Orfini in numerose affermazioni di oggi – attacca il deputato Pd – mostrano di non tenere minimamente in conto queste priorità e come al solito sembrano più affezionati alla visibilità di una posizione, personale e di corrente, che all’interesse generale. Perciò li invito, almeno stavolta, a considerare il ruolo di rappresentanza del partito che è stato loro affidato rispettando le decisioni della Direzione e facendo tacere lo spirito di divisione, a rispettare le prerogative del Capo dello Stato stabilite dalla Costituzione e a valutare con meno arroganza le opinioni degli italiani sul rapporto tra cittadini e partiti e sul finanziamento della politica».

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