Lucio Battisti, il traguardo mancato con i 70 anni di un’icona dell’arte italiana

5 Mar 2013 17:21 - di Renato Berio

Lucio Battisti e Lucio Dalla, due geni coetanei. Il secondo avrebbe compiuto 70 anni il 4 marzo, il primo avrebbe spento oggi settanta candeline. Entrambi indimenticabili, entrambi fanno parte a pieno titolo del pantheon dei più amati cantautori italiani. Lucio Battisti, un pioniere mai abbastanza celebrato, proveniva dal modesto ambiente di Poggio Bustone (dove nacque il 5 marzo del 1943) ma presto la sua passione per la musica lo trascinò a Milano dove per il suo talento si fa notare dalla giovane produttrice francese Christine Leroux, che incoraggia il sodalizio con Mogol. Insieme saranno capaci di rivoluzionare la musica leggera italiana. Il primo LP (1969) s’intitola semplicemente Lucio Battisti e resterà per nove settimane secondo nella classifica dei 33 giri. Un successo che si consolida con Emozioni, l’anno successivo, che comprende capolavori come Anna, 7 e 40, Fiori rosa fiori di pesco, pezzi che consacrano Battisti come uno degli interpreti più nuovi e intensi del panorama musicale italiano. Seguiranno le sperimentazioni di Amore e non amore fino allo struggente singolo Pensieri e parole, il più venduto del 1971. Gli album Umanamente uomo, il sogno e Il mio canto libero sono sicuramente tra i più rappresentativi della sua carriera che proprio negli anni Settanta raggiunge l’apice, con caopolavori come Il nostro caro angelo e poi Anima latina che sorprende i fan con le dolci atmsofere latino-americane. Un viaggio negli Usa nel 1975 lascia il segno nell’album Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera. Due anni dopo a Los Angeles incide Io tu noi tutti. A fine decennio il rapporto con Mogol diviene più problematico anche perché Lucio Battisti intende sperimentare nuovi percorsi creativi. Gli ultimi album della coppia sono Una donna per amico e Una giornata uggiosa. Battisti ha maturato ormai la decisione di una svolta radicale, nella vita privata come in quella artistica: “Per continuare la mia strada ho bisogno di nuove mete artistiche, di nuovi stimoli professionali: devo distruggere l’immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro”. Seguirà il disco E già (testi scritti dalla moglie Letizia) e Don Giovanni (1986), nato dalla collaborazione con il poeta ermetico Pasquale Panella. Con lui realizzerà anche l’ultimo disco, Hegel, incompreso dalla critica e denso di esistenzialismo criptico. La sua morte colpì l’Italia al cuore ma il riserbo quasi morboso in cui Battisti si era rinchiuso negli ultimi decenni di vita ne hanno fatto un’icona poco celebrata e molto rimpianta. Lo scorso settembre, nell’anniversario della morte, i giornali denunciarono addirittura il degrado della tomba dell’artista, nel cimitero di Molteno (Lecco).  Lì i fan continuano a portare bigliettini e foto nonosatnte la forma anonima del monumento funebre e l’inaccessibilità al sepolcro rigorosamente voluta dalla famiglia.

Molto si è favoleggiato sulla vicinanza di Lucio Battisti al mondo della destra e del neofascismo. Una polemica che ha ormai lasciato il passo, per fortuna,  a un’interpretazione libera da pregiudizi e schemi ideologici del suo grandissimo e unico repertorio musicale, nel quale trovavano spazio temi come l’ecologia, la critica al consumismo, la derisione di alcune frenesie emancipazioniste portate avanti dal femminismo battagliero degli anni Settanta e note intime che stridevano con la cosiddetta musica impegnata dell’epoca. Tutti elementi che contribuirono a rafforzare la leggenda di un Battisti “camerata” che alla sua morte fu salutato su alcuni muri di Roma da un graffito tratto da uno dei suoi versi musicali: Planando sopra boschi di braccia tese. Vicino, la scritta “Ciao Lucio” affiancata dalla croce celtica.

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