La vera anomalia italiana è l’antiberlusconismo militante

2 Mar 2013 19:00 - di Girolamo Fragalà

Urne chiuse, seggi assegnati, vincitori e vinti. I giorni del dopo-voto stanno mettendo a nudo la più grande ipocrisia degli ultimi vent’anni: l’anomalia italiana non è il berlusconismo, come hanno voluto far credere la sinistra, i centristi, la “grande” informazione e i cugini all’estero. La vera anomalia è l’antiberlusconismo, in nome del quale tutti si sentono in diritto di fare qualsiasi cosa, anche la più dannosa, perché c’è sempre la scusa che sia necessaria per combattere il Male, e cioè il Cavaliere. La prova più evidente, se ancora ce ne fosse il bisogno, è il comportamento delle forze politiche di fronte all’esigenza di trovare una soluzione per dar vita al nuovo governo. Nel Pd c’è uno spacchettamento (o meglio, una faida interna) perché il tavolo è saltato, i conti non tornano e nessuno è disposto a rinunciare all’obiettivo che si era prefissato prima della campagna elettorale. Sono consapevoli che oggi, come dimostra il voto, il senso di responsabilità invocato da Napolitano si dimostrerebbe solo se non si alzassero i vecchi steccati e se si tenesse conto che le elezioni – al di là della esigua maggioranza numerica di consensi ottenuta dal centrosinistra alla Camera – sono state vinte, nei fatti e per ragioni diverse, da Grillo e da Berlusconi. Ma del Cav non si può pronunciare neppure il nome, altrimenti viene meno il famoso “collante”, si perdono gli artisti e gli intellettuali di area, il popolo viola (e arcobaleno, ex girotondino), MicroMega, quelli del “No Berlusconi day”, i Nanni Moretti di turno, i conduttori tv militanti. E c’è il rischio di “legittimare” quel che non hanno mai voluto legittimare. Ragion per cui, perdendo ogni residuo di orgoglio, Bersani è stato costretto a ingoiare gli insulti grillini, fino a essere chiamato «morto che parla», a beccarsi sfottò e “vaffa”, pur di convincere l’ex comico a un patto di non belligeranza (un patto che è miseramente fallito in campagna elettorale con l’altro grande sconfitto del voto, Mario Monti). Resta da vedere quanto e come possano conciliarsi le politiche della sinistra di governo con quelle urlate dei Cinquestelle. Una missione impossibile. Eppure potrebbe essere facile aprire – senza inciuci e senza compromessi sottobanco – una stagione nuova: basterebbe che il centrosinistra iniziasse a considerare Berlusconi un avversario e non un demonio, anche nel rispetto di chi l’ha votato. Poi si può vincere o perdere, ma almeno si è dimostrata maturità politica e istituzionale. Quella maturità che fino a oggi è stata solo un miraggio, a causa dell’anomalia italiana: l’antiberlusconismo.

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