Non ce ne frega niente dello spread, ma una domanda maliziosa al Pd andrebbe fatta: perché è salito?

26 Feb 2013 18:40 - di Francesco Signoretta

Dello spread non ce ne frega niente, è stata solo un’arma puntata alla tempia del centrodestra, tutti pensavano fosse una colt e invece era una pistola ad acqua. Ma a voler essere cattivi, ci sarebbe da domandare quanto valga ora la coppia Bersani-Vendola nei 347 punti e passa di spread che, in apertura dei mercati, hanno messo all’angolo  i nostri  Btp. Ragionando con lo stesso metro usato negli ultimi anni dalle teste d’uovo del Pd,  sicuramente molto. Non meno di 67 punti, visto che solo alla vigilia del voto il differenziale tra i titoli pubblici italiani e quelli della Germania viaggiava a quota 280. E non ci sono possibilità di sbagliare. Ci sarebbe da chiedere lumi a Rosy Bindi ed Enrico Letta che, dai comodi salotti della tv di Stato, asserivano, non più tardi di un anno e mezzo fa, che Berlusconi valeva trecento punti di spread e che, per senso di responsabilità e per spirito di servizio nei confronti dell’Italia, avrebbe dovuto abbandonare Palazzo Chigi. Non è preistoria, lo stesso ragionamento vale oggi, perché i leader del centrosinistra, con un misero “zero virgola” per cento in più, dovranno assumersi l’onere di fare una proposta per la formazione del nuovo governo e ricercare soluzioni. I mercati non ci credono, Piazza Affari crolla, le altre Borse europee entrano in paranoia (segno che non si fidano), l’asta dei Bot segna il raddoppio dei tassi di rendimento. Bersani non solo non è credibile come smacchiatore di giaguari, ma non lo è nemmeno  in termini di affidabilità e di credibilità. Con la Merkel alla finestra, tutta preoccupata per la fine riservata all’amico Monti, non basta fare l’occhiolino al compagno Hollande. A Parigi, infatti, stanno sbagliando musica e orchestrali e far capire che si vuole seguire quella strada non giova certo a risolvere i problemi. Si dice che la vendetta è un piatto che si serve freddo. E  i tempi ci sono tutti. Il Cavaliere è stato demonizzato in Italia e fuori, con una protervia che non ha conosciuto confini. Tanto da gioire persino quando la Merkel e Sarkozy accoglievano il nostro primo ministro con risatine di scherno, solo perché Berlusconi aveva detto no a quei sacrifici chiesti dal duo franco-tedesco che poi, a causa del governo tecnico, hanno portato alla disperazione milioni di italiani. Sarebbe facile oggi, tenere sulla graticola Bersani e arringargli addosso i mercati e i leader degli altri Paesi europei con le rispettive economie legate alle sorti dell’Italia. Agire come hanno agito sinistra e centristi in passato. Ma il centrodestra non è il Pd e Bersani deve capire che non può essere il solo a dare le carte . E, soprattutto, dovrebbe cancellare quell’assurdo veto sul Cavaliere, roba da caccia alle streghe. La politica è una cosa seria. Non è necessario  mettersi in ginocchio,  basta adottare comportamenti coerenti e rispettosi.

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