Maroni polemico: Tatarella sdoganò la destra, poi Fini rovinò tutto…

8 Feb 2013 13:34 - di Gloria Sabatini

«Quattordici anni fa moriva Pinuccio Tatarella, politico super che portò la destra fuori dal ghetto. Poi Fini ha rovinato tutto» è l’ultimo twitter firmato Roberto Maroni, che, tra un comizio e l’altro in terra lombarda nella rincorsa alla presidenza del Pirellone, trova il tempo di scrivere 140 caratteri sul «ministro dell’armonia” di Alleanza nazionale. Il tutto corredato da una foto che vede il segretario leghista seduto accanto a Pinuccio durante un Consiglio dei ministri ai tempi del primo governo Berlusconi. Sullo “sdoganamento” della destra italiana le tesi postume si sprecano, la più diffusa e forse anche la più affrettata attribuisce il “miracolo” all’ormai famosa dichiarazione di voto potenziale («se abitassi a Roma…») di Silvio Berlusconi quando nel  1993 si schierò con Gianfranco Fini, all’epoca leader del Msi e candidato contro Rutelli a sindaco. Tutto cominciò da lì, si dice. Indubbiamente il successo elettorale di Fini, inaspettato per numeri e per entusiasmo, portò a un cambiamento dei codici, della comunicazione e della rappresentazione della destra (non più relegata nei confini della testimonianza, del nostalgismo identitario,  dell’anticomunismo radicale) e segnò uno spartiacque che ha cambiato il corso della politica italiana. Ma il Cavaliere- demiurgo non fece che togliere il tappo portando all’attenzione dei media una destra “presentabile”, secondo la vulgata politicamente corretta. Il terreno era stato seminato e arato “dentro casa” grazie anche alle intuizioni di Tatarella, ispiratore del superamento dei confini missini, della svolta di Fiuggi e della nascita della Casa delle Libertà. Ma anche dalla semina del mondo giovanile che, alla fine degli anni ’80, volle cimentarsi in mare aperto abbandonando vecchi cliché e stereotipi per “parlare” a tutti. Classe 1935, con il pallino dell’andare Oltre il Polo, Tatarella spinse per un soggetto politico che unisse il sessantacinque per cento degli italiani non di sinistra. «Una casa comune delle forze modernizzatrici e riformiste che sintetizzasse le idee e la cultura di centrodestra», diceva. Si definiva un missino di destra; né fascista né antifascista, perché il fascismo «non aveva ragione di esistere in un’Italia già avviata da anni alla piena democrazia». Un sogno che per molti si è avverato nel 2008 con la nascita del Pdl, per altri si è infranto proprio nella fusione indistinta tra le varie anime del centrodestra (nazionale, moderata e liberista) e la perdita delle diversità tra storie e modelli diversi anche se complementari. A Tatarella, chissà se Maroni ne è al corrente, si deve la prima polemica governativa contro i “poteri forti”, termine da lui coniato per definire potentati economici internazionali, capaci di orientare le scelte dei politici in tempi di stabilità istituzionale e di «rovesciare quelli scomodi in tempi di evoluzione dello scenario globale». L’outing di Maroni fa più notizia ma la figura del ministro dell’Armonia verrà ricordata anche dai “suoi” oggi pomeriggio nella sua Puglia, a Bari. A Villa Romanazzi Carducci ci saranno la vedova, Angiola Filipponio,  Maurizio Gasparri, Raffaele Fitto e Francesco Amoruso. Manifestazione anche a Cerignola, organizzata da Fli, con Fabrizio Tatarella, Roberto Menia, Euprepio Curto.

 

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