D’Alema e Veltroni processano Pier Luigi: è un segretario ottocentesco

28 Feb 2013 13:48 - di Redattore 54

Pier Luigi Bersani è sotto tiro. La vittoria evaporata scuote in profondità il corpaccione lacerato del Partito democratico ed è occasione un po’ per tutti per pronunciare parole di accusa, per prendersi una rivincita, per dire: “Io l’avevo detto”. E sono per primi i big a rigirare il coltello nella piaga. A cominciare da quel Massimo D’Alema che di Bersani è stato principale sponsor: “Abbiamo sbagliato moltissimo nell’ultimo mese. Purtroppo il nostro segretario è un uomo dell’800”. Così, categorico e feroce. Anche Walter Veltroni (forte del fatto di aver portato il Pd al suo massimo storico) non si fa pregare e dichiara a Repubblica: “Mentre Berlusconi diceva ‘vi restituisco l’Imu’ e Grillo avanzava al grido di ‘tutti a casa’ ho visto che la risposta del Pd era affidata a un balletto organizzato sulla terrazza del Largo del Nazareno con un gruppo di persone che cantava Smacchiamo il giaguaro“. Così, impietoso e lucido. E adesso che si fa? Si continua a invocare (san) Matteo Renzi e allo stesso tempo si organizzano ambascerie per intrappolare Grillo e Casaleggio. Nell’immediato però scorre a fiumi nella sinistra la vocazione a “farsi del male”. Le critiche si intrecciano, erodono certezze, scavano nel fondo nero di malumori accumulati da anni. Adesso che l’occasione è andata sprecata, adesso che si sta sospesi tra la vittoria mancata e la sconfitta fattuale, è più facile tirare fuori la realtà di un partito inadeguato ai tempi, dove manca la sintesi dei diversi linguaggi, dove è arretrata e minoritaria la voglia di riformismo e si resta ancorati ai comizi della Cgil e all’anticapitalismo salottiero. Nelle regioni rosse, come sottolineava Mario Ajello sul Messaggero, le lamentazioni non sono più arginabili perché proprio qui, nelle roccaforti inespugnabili, il Pd ha ceduto pezzi importanti di un elettorato stanco e sfiduciato dagli scandali che non ha esitato a tradire Bersani con Grillo. Il catastrofismo contagia i dirigenti come Andrea De Pasquale che afferma con amara ironia: “Abbiamo preservato il partito dall’Opa ostile di Renzi, respingendo alle primarie il subdolo attacco dell’infiltrato della destra, e ancorando saldamente il Pd alle sue radici, quelle di Livorno 1921”. Le premesse per un imminente congresso di fuoco, dunque, ci sono già tutte.

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