Passera boccia Monti: «Che delusione, s’è piegato a Montezemolo e Casini…»

7 Gen 2013 12:30 - di Priscilla Del Ninno

«Si è persa una grande occasione», è la sintesi di Corrado Passera, che boccia senza mezzi termini la “salita in politica” di Monti. Lo strappo, dunque, c’era e ora sta emergendo in maniera chiara. Il fido ministro-banchiere, l’uomo che doveva accompagnare Monti verso la svolta “politica”, torna a parlare dopo la rottura col premier e i centristi sancita nella riunione del 28 dicembre scorso, quando Monti – dopo un lungo riserbo – decise di sciogliere la prognosi sulla sua discesa in campo senza ottenere il sostegno del suo “delfino”. L’ex ministro “tecnico” spiega le ragioni che lo hanno spinto a rispedire al mittente l’invito a candidarsi con il raggruppamento che fa capo al premier dimissionario affidando alle colonne “amiche” del “Corriere della sera” il suo amaro sfogo: «Si è persa una grande occasione; io credevo al progetto di una lista unica sia alla Camera che al Senato». E aggiunge: «Sembrava tutto fatto… poi hanno prevalso le posizioni di Italia Futura, di Montezemolo, di Riccardi, di Casini. Ho preso atto e me ne sono tirato fuori». Incredulo, prima ancora che critico, in merito all’agenda Monti e alle promesse elettorali che contiene, Passera, unendosi al corso di critiche bipartisan arrivate dal Pd e dal Pdl, ha sollevato forti dubbi anche sui margini di manovra del prossimo governo: «Deve essere chiaro l’impegno a non aumentare le tasse, anzi a ridurle», così come – a detta dell’ex ministro – andrebbe fatta più chiarezza sul tema della famiglia.  «Si continua a sottovalutare l’enorme pressione  che si accumula sulle famiglie a basso e medio reddito. Se una donna che vuole lavorare non riesce a trovare un asilo nido per i figli, ogni discorso sull’occupazione appare inutile». Ma ne ha anche per quanto riguarda il capitolo spesa pubblica: «Va ripensata e tagliata con interventi strutturali profondi. Valorizzato lo sconfinato patrimonio pubblico». Poi, tra bocciature e aggiustamenti, bastoni e carote, l’ex ministro allo sviluppo economico conclude laconico: «Ridirei di sì a Monti e Napolitano, ma non è finita come avrei desiderato».

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