Letta e Monti, gli ultrà milanisti che non possono esultare (con Silvio) per Balotelli

30 Gen 2013 10:26 - di Luca Maurelli

Peggiore tortura per un tifoso non potrebbe esserci. Il tuo presidente ti compra il miglior talento calcistico italiano degli ultimi anni, lo strappa agli odiati rivali dell’Inter, rilancia la ambizioni di un Milan finora depresso e balbettante, e tu lì, indifferente, triste, in silenzio, che non puoi esultare, scrivere una cosina su twitter, sfottere uno juventino al bar, fare un pugnetto con la mano, nulla. Altrimenti se ne accorgono gli elettori e il tuo capo. Peggiore tortura non poteva esserci per il numero due del Pd, Enrico Letta, costretto a sganasciarsi per quella battuta pungente di Pierluigi Bersani su Balotelli al Milan: «Io parlo con la gente, Berlusconi pensa a comprare i calciatori». Ma in cuor suo, Enrico, se potesse saltare al collo del Cavaliere, spupazzarselo di baci e unirsi a un coretto con lui su “chi non saltà interista è”, lo farebbe con grande entusiasmo. Perché in questa strana polemica elettorale del centrosinistra sull’acquisto di Balotelli, nella quale è stata tirata in ballo perfino la par condicio, andrebbero ascoltati anche i pareri dei milanisti sfegatati come Letta, che vivono la contraddizione di essere al contempo anche anti-berlusconiani sfegatati. Il vice di Bersani è stato per anni anche il presidente del Milan Club Montecitorio, una vera e propria “torcida” milanista che spesso si muove al seguito della squadra rossonera nelle partite più importanti. Ma il primo che in Parlamento s’era trovato nell’imbarazzo di dover “tifare” per il Cavaliere, che in 26 anni di presidenza gli aveva regalato ben 28 trofei, tra Champion’s, campionati e coppe varie, era stato Fausto Bertinotti, il comunista integerrimo che però si scioglieva davanti a una finta di Van Basten e oggi starà gongolando segretamente per l’arrivo super Mario. Un  altro insospettabile che in queste ore gode in silenzio è il premier Mario Monti, che proprio qualche giorno fa, a Radio Anch’io, aveva esternato la propria fede calcistica: «Sono milanista da quando ero bambino». Idem per Corrado Passera, anche lui intimamente in sollucchero ma divorato dalla sofferenza di non poterlo dire a nessuno. Almeno fino al 28 febbraio. Per problemi di par condicio.

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